Stavolta l’orco – la natura, la grotta, l’avventatezza dell’uomo, il demogorgone – è rimasto a bocca asciutta: tutti salvi. Quel frullatore impazzito che è il villaggio globale ha riproposto la vicenda di Vermicino in modo non solo amplificata ma sul piano completamente diverso della mediatizzazione mondiale: con i sub di tutto il mondo (i Navy Seals militari e i civili) che si proponevano per il salvataggio invece del nostro artigianale, generoso e un po’ raffazzonato “angelo sardo” (l’uomo piccolo e magro che si calò per tutti i sessanta metri del pozzo artesiano e arrivò a Alfredino ma non riuscì a imbracarlo) – tutto ipertecnologicizzato, con grafici, 3D, slide virtuali, conferenze-stampa, dove si spiegavano i buchi nella roccia che avrebbero fatto e forse no, l’allenamento con le bombole che avrebbero fatto e forse no, l’arrivo dei monsoni che avrebbero anticipato e forse no: dalle diciotto ore in diretta di Vermicino ai diciotto giorni in diretta di Mae Sai. Il mondo con il fiato sospeso – e non è una differenza da poco.
È andata bene, e ne siamo felici. Stavolta i fratelli Grimm rimangono con le pive nel sacco – e potremo raccontare ai nostri figli piccoli e ai nostri nipoti un lieto fine. State attenti quando entrate nel bosco – che non è che sempre ci sono i Navy Seals pronti a salvarvi. I genitori thailandesi non avranno certo bisogno di dirlo ai loro figli riabbracciandoli, ma i genitori di tutto il mondo sì. Perché c’è un lato oscuro, terribile.
Chi può dimenticare le storie di Angela Celentano, scomparsa in una gita sul monte Faito, o di Denise Pipitone, scomparsa poco prima di mettersi a tavola a Mazzara? I bambini si smarriscono, i bambini scompaiono. Non solo nei racconti per ragazzi – che poi ti segnano la vita. O nelle cronache più eclatanti. Ogni anno in Europa si registrano 270mila segnalazioni di bambini scomparsi, una ogni due minuti. In Italia c’è un vero e proprio esercito di bambini invisibili: oltre tre segnalazioni di scomparsa a settimana. Bambini e adolescenti dei quali si sono perse le tracce e di cui probabilmente non si saprà mai più nulla. Nel 2017 solo il 16,9 percento si è risolto positivamente, ciò significa che circa 147 minori nell’ultimo anno sono stati uccisi o coinvolti nei circuiti di sfruttamento sessuale e di lavoro minorile, senza considerare quelli per i quali non è stata fatta nessuna segnalazione (sono i dati del Telefono Azzurro). Perciò ne scompare uno ogni quarantotto ore e di quattro su cinque non si sa più nulla. Il 64,5 percento delle segnalazioni riguardano la scomparsa di minori non accompagnati, giunti in Italia per sfuggire a povertà, guerra e situazioni d’emergenza. Un fenomeno in costante crescita dal 2009.
C’è un sito americano – The Charley Project – dove sono registrate tutte le storie delle persone sparite nel nulla, la maggior parte delle quali sono minori, bambini. Una decina d’anni fa Clint Eastwood diresse un film su una storia di queste, vere, ambientata nella Los Angeles del 1928, Changeling, con una strepitosa Angelina Jolie nella parte di una madre che non ritrova il figlio tornando dal lavoro e a cui viene proposto un altro bambino – che lei sa benissimo non essere il suo – da una polizia corrotta e marcia al tempo del proibizionismo in cerca di una approvazione sociale, che la rinchiuderà anche in manicomio quando lei proverà a dire come stanno le cose. Sarà la sua determinazione a far scoprire un assassino seriale, responsabile della scomparsa e dell’uccisione di diversi bambini. Ma il suo Walter – si scoprirà, quando salterà fuori un ragazzino creduto morto e che invece è riuscito a fuggire – è forse vivo e lei continuerà a cercarlo sempre.
La narrazione popolare si è sempre soffermata sulla scomparsa dei bambini, sul loro restare “intrappolati” (è il mondo dei grandi, tutta una trappola) – perché è l’età dell’innocenza e della disponibilità verso l’altro che diventano improvvisamente il tempo dell’orrore. Perché sono i bambini che vengono “sacrificati” o puniti, proprio perché rappresentano il futuro – chi non ricorda il pifferaio magico? Un fatto di cronaca tutt’ora avvolto nel mistero, antico e oscuro, che si consumò nel 1284 ad Hamelin, piccola cittadina tedesca. In quell’anno più di cento bambini scomparirono drammaticamente. È attorno a questi bambini che ruota la storia de Il pifferaio di Hamelin: c’era stata un’invasione di ratti (è il tempo della Grande Morte Nera, la peste) e un uomo assicurò di essere in grado di scacciare via i topi. Se ci fosse riuscito, si accordarono per un lauto compenso. L’uomo fu visto sfilare per la città e procedere suonando un flauto. Al suono di questo strumento tutti i topi uscirono dalle tane, il pifferaio li portò fino al fiume, dove finirono poi annegati. I cittadini decisero di non pagarlo, e allora lui si vendicò suonando con il proprio flauto un’altra melodia, capace di attirare tutti i bambini del villaggio, e di condurli su una delle alture che circondano la cittadina da dove scomparvero per sempre. I Grimm non svelano un finale certo: è probabile che i bambini siano scomparsi tragicamente nel nulla, ma anche che siano stati fatti passare in una grotta da cui sono arrivati nella lontana Transilvania.
Ma anche la letteratura più recente (il «New York Times» lo definì uno dei migliori romanzi dell’anno) si è interrogata sul tema della scomparsa e del ritorno dei bambini – è la storia di Ricordami così di Bret Anthony Johnston, di qualche anno fa. Justin è scomparso. Da quattro anni. Una tragedia che ha colpito l’intera cittadina del Texas nella quale viveva. È scappato? È stato rapito? È affogato nella baia? Mentre i Campbell, la sua famiglia, non si dànno per vinti e continuano a cercare una risposta, i loro rapporti sembrano andare sfrangiandosi giorno dopo giorno. Poi, un pomeriggio, accade l’impossibile. Justin è stato ritrovato, dice la polizia, e pare stia bene. Ma le spiegazioni dietro il lieto evento sono tante, e talvolta non convincono. E dentro la famiglia restano ferite che difficilmente sembrano rimarginarsi. Forse, una volta che qualcosa è scomparso, anche se torna non sarà mai più davvero tuo.
Scomparsa-ritorno, è il nodo attorno a cui ruotava la storia di Picnic ad Hanging Rock, il film di Peter Weir ambientato in Australia – tratto da un romanzo ma scritto e girato come fosse una storia vera – dove il 14 febbraio del 1900 in una gita di ragazze di un college, guidate da due insegnanti, un picnic ai piedi del gruppo roccioso – alcune allieve spariscono e alcune ritornano senza essere in grado di spiegare nulla. Da quel film è tratta ora una serie.
E altre serie, le nuove favole – Dark, ambientata in Germania, e la pluri acclamata e premiata Stranger Things – parlano di strane sparizioni di bambini, che “sbucano” in altri spazi e tempi, andando avanti e indietro, o rimangono intrappolati e invasi da strane creature. I bambini vincono ancora comunque, sconfiggono i mostri, ritornano a casa.
Un po’ come è accaduto nella realtà ai ragazzini thailandesi, che hanno sconfitto il mostro e sono tornati a casa. Anche se non saranno mai più gli stessi, sono vivi. E questo è quello che conta.
Nicotera, 10 luglio 2018.
pubblicato su “il dubbio”, quotidiano dell’11 luglio 2018.