Sull’arresto di Matteo Messina Denaro.

Quando compra la sua auto – una Alfa Romeo Giulietta – Matteo Messina Denaro la intesta alla madre di Andrea Bonafede, suo alias, 86 anni. Certo, una accortezza, ma anche perché come sa chiunque – il titolare di 104 che acquista l’auto con l’agevolazione può ottenere un sostanzioso sconto sul prezzo: l’Iva è al 4 percento, anziché al 22 percento e ciò vale sia su auto nuove che usate. Vale la pena profittarne, dell’età avanzata e malmessa della signora, perché gettare i soldi? Un uomo oculato nelle spese, Messina Denaro – e non uno spendaccione: orologi, vestiti, tutti i must, sono cose buone da dare in pasto ai cronisti, al popolino, fanno colore. La rete dei suoi investimenti – a mezzo di prestanome – spazia dall’Albania al Sudamerica: dove c’è un siciliano, si investe. Dal tovagliato per alberghi al pollame all’eolico – non sono soldi solo “lavati”, rendono. È un uomo oculato, Messina Denaro. Accorto.
D’altronde, solo se sei accorto e oculato puoi far reggere la tua latitanza per così tanto tempo, puoi uscire dai radar. Restando esattamente dove devi stare – nel territorio che conosci a menadito e dove hai contatti importanti, e dove puoi ridurre al minimo la rete dei rapporti criminali e esporre al massimo la tua vita sociale. Perché servono tanti soldi per la tua latitanza – e solo se i tuoi investimenti sono attenti puoi farli fruttare, dal momento che il tuo “alimento quotidiano” di pizzo, estorsione e racket è finito. Perché di una cosa sola siamo sicuri: che Matteo Messina Denaro ha reciso i suoi legami con la cupola dei corleonesi. Ammesso che dopo Riina esista ancora una cupola. Il che è esattamente la stessa cosa.
Messina Denaro è un uomo malato, molto malato. Non ha una sola patologia. E un uomo malato, molto malato non può fare il capo dei capi: la malattia è un segno di debolezza. E apre il conflitto alla successione. Quando non “accelera” la successione: sono iene, i mafiosi. D’altronde, Messina Denaro non ha più un suo “esercito” di bestie assassine. Non gli servono e per la sua latitanza sarebbero un impiccio. Tracce per ricondurre gli investigatori a lui: a Campobello di Mazzara non succede mai niente, ma proprio niente, è un territorio “mafia free”, pacificato, e i carabinieri della locale stazione fanno le multe ai divieti di sosta, per fare qualchecosa. Meglio usare con accortezza e oculatezza il denaro. Farlo fruttare.
Da quanto tempo gli investigatori gli stanno addosso – cercando proprio di seguire il denaro? Io credo da abbastanza tempo. Ci vogliono risorse, tante risorse. Ma sono la traccia più sicura per scovare i latitanti: follow the money – lo diceva pure Giovanni Falcone. Ma è qui che si sovrappongono le cose: Messina Denaro è ancora un uomo di peso nella cupola o è solo un imprenditore che sta trasformando la sua accumulazione primitiva criminale in capitalismo? Se le due cose stanno assieme – seguire i piccioli significa ricostruire la mappa del potere mafioso; se non stanno più insieme seguire i piccioli significa solo ricostruire la biografia attuale di Matteo Messina Denaro e basta.
C’è stato un momento di consapevolezza tra gli investigatori di questa cosa? Sì, certo, ne sono sicuro. C’è stato un momento di consapevolezza, tra gli investigatori, in cui si è posto il problema di “mollare” Messina Denaro (limitandosi a monitorarlo) o di insistere investendo massicce risorse? Sì, certo, ne sono sicuro.
Messina Denaro è un uomo malato, molto malato, con più patologie. Forse sta morendo. Forse gli rimane poco tempo di vita. E se morisse di botto? E se si scoprisse, da morto – per una qualche fuga di notizie, per una qualche anonima fonte, per una qualche “guerra intestina” fra apparati, che quell’uomo morto lì, quell’Andrea Bonafede era Matteo Messina Denaro, morto nel suo letto? Immaginate lo scorno.
E allora, prendiamolo. Bisogna solo stringere. Tutto è pronto da anni. E da anni, si è capito che lasciarlo pascolare non porta a nessuna nuova mappatura del potere mafioso: Messina Denaro è nessuno. Nessuno nel potere mafioso che conta adesso.
Perché allora adesso? Non c’è nessuna risposta investigativa a questa domanda: non c’è nessuna “urgenza” – Messina Denaro non stava preparando un attentatuni ma neppure un attentaticchiu. La risposta è politica (oltre la questione della malattia e della morte sopravveniente).
E la questione politica riporta allo scontro in atto sulla questione delle intercettazioni, del 41bis e dell’ergastolo ostativo. Ovvero, riporta al potere dei magistrati inquirenti.
Questa è la risposta alla domanda sull’arresto di Matteo Messina Denaro. E è l’unica cosa che sappiamo con certezza.

Nicotera, 22 gennaio 2023.

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Il viaggio di Zelenski in Usa.

«Ukraine is alive and kicking – l’Ucraina è viva e vegeta», dice Zelenski al congresso americano, dove in molti indossano un vestito blu o un accessorio giallo, per omaggiare la bandiera ucraina e questa inattesa resistenza. Lui è in felpa militare, con i pantaloni cargo – un leader politico che mostra a tutti di essere oggi un soldato, ovunque, in una guerra che nessuno al mondo avrebbe voluto.
Non era difficile prevedere che qualcuno (fox news) avrebbe alzato il sopracciglio e irriso la sua “immagine” o il suo carattere da “spettacolo”. Ma Zelenski, inevitabilmente, è andato in America per “mostrare” ai politici – a quelli che devono decidere se continuare a sostenerlo e come, con quali armi e quanti denari – che c’è una guerra vera, e è grazie al loro sostegno che l’Ucraina is alive and kicking. In tanti sensi, quella felpa militare e quei pantaloni cargo – avrebbe potuto benissimo cambiarsi nel lungo viaggio – sono anche un segno di rispetto per le decisioni americane. Quelle fatte finora e quelle a venire – la guerra sarà lunga: fosse andato in abito due bottoni, una grisaglia – cosa avremmo pensato?
Quasi nelle stesse ore, Putin ha riunito i vertici della difesa per fissare gli obiettivi militari del 2023 e ha annunciato l’entrata in servizio all’inizio di gennaio di due nuovi missili, gli ipersonici Zircon e gli intercontinentali Sarmat. Non ha lesinato promesse sugli investimenti e il sostegno militare all’esercito (e alla marina) e ha chiamato a una mobilitazione maggiore, fino a un milione e mezzo di soldati. Medvedev intanto è volato in Cina per rafforzare il patto strategico con Xi – che fa il pesce in barile parlando di sforzi diplomatici ma assicura “commercio” ai russi e si illude di sfiancare l’America per avere mano libera su Taiwan – e lo zar ha fatto i suoi convenevoli abbracci con Lukashenko, come se magari dalla Bielorussia potesse di nuovo aprirsi un attacco. Putin sta mettendo in campo tutta la forza militare che possiede e quella che continuerà a produrre, in una guerra che tende sempre più a somigliare a una infinita battaglia di Verdun.
La guerra è in stallo, sul campo – i mercenari della Wagner e quelli ceceni non conquistano nulla, i russi mandano avanti truppe raccogliticce a farsi massacrare giusto per “tenere caldo” il terreno, si combatte intorno città che sono ormai ridotte a macerie, a pietre spezzate, e la cui “qualità” strategica è pari a zero: come conquistare quota 188 in una delle dodici battaglie dell’Isonzo. Gli ucraini non avanzano. I russi provano a usare l’inverno come arma – distruggendo tutte le infrastrutture possibili, per fiaccare la popolazione civile, ormai, peraltro, vero bersaglio dei loro missili. È un bombardamento del macellaio Harris su Dresda giorno dopo giorno.
Forse, questo viaggio improvviso in America di Zelenski ha anche lo scopo di rincuorare il proprio popolo – oltre che di perorare la sua causa in un congresso dove serpeggia, tra i repubblicani, più di una domanda sulla bontà della scelta di appoggio senza riserve del governo, anche se è difficile credere che un qualunque altro presidente farebbe diversamente.
Non ci fosse stato Biden, non ci fosse stata l’America – oggi non ci sarebbe più l’Ucraina, e questo è innegabile. Forse con un carico di morte anche maggiore di quello che si va scoprendo ogni volta che si riprende una città dove sono passati i russi – e maggiore del prezzo di sangue che stanno pagando con la resistenza. Ma non ci fosse stata l’America, con il sostegno militare adeguato, non sarebbero stati certo i nostri lince a fermare i russi – i tedeschi, fanno, come Xi, i pesci in barile: le avessero, le darebbero le armi, ma non le hanno, epperciò. Se ne può dedurre – da questa risoluta presenza americana che può magari ritirarsi precipitosamente dall’Afghanistan ma non può, per la sua geopolitica, lasciare a Putin il “diritto all’aggressione” – uno schierarsi di principio contro l’Ucraina: è il nocciolo duro del rossobrunismo che campeggia a sinistra. L’Ucraina, nel mondo anti-americano, viene messa tra parentesi, in tutta o in parte. Il disprezzo, il dileggio, l’abuso della “storia”, del novecento (Bandera) o più recente (Minsk, Euromaidan, battaglione Azov), ne sono il contorno giustificativo.
È curioso, in questo sfrontato anti-americanismo, anche il “recupero” dell’europeismo: l’Europa sarebbe costretta, schiacciata dall’intervento americano, a far male a se stessa – con quelle maledette sanzioni che ricadono sul “popolo”. Ma l’unico dato di fatto è che l’Europa può fare poco: non è mai stata una potenza militare, e l’aggressione russa ha rimesso al centro della geopolitica la forza. C’è una asimmetria, inguaribile al momento, tra il “sistema economico europeo” e la sua forza. Una asimmetria politica, prima di tutto.
La guerra perciò sarà ancora lunga, sulla carta; la Russia punta tutto sulla lunga durata, dopo la prima immaginaria guerra-lampo: ha risorse immense, di mezzi e uomini, e un sistema politico dispotico e totalitario che non consente “ripensamenti” (come sarebbe possibile in Usa) – può reggere benissimo, mettiamo, cinque anni di guerra ancora, logorando sistematicamente gli ucraini. Passato questo inverno – potrebbero, gli ucraini, al di là delle inevitabili continue perdite, reggerne ancora un altro? E un altro ancora?
Lunga, perciò, sulla carta. Ma io non credo che a primavera e in estate resterà così. Non è proprio possibile per gli ucraini. E forse più di ogni cosa è di questo che ha paura Putin – della controffensiva ucraina.

23 dicembre 2022.

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