Egregio dott. Davigo,
Le confesso subito che non riesco a farLe i complimenti per la nomina a presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Credo converrà col fatto che un conto è dire del Suo lavoro di magistrato e, se mi è consentito senza sembrare piaggeria, della Sua schiena diritta, un altro conto è prendere in considerazione il Suo ruolo di adesso. Ha ripetuto, a Giovanni Bianconi del «Corriere della Sera», quello che probabilmente ha speso tra i Suoi colleghi per corroborare la Sua candidatura, e cioè di avere «maturato una certa esperienza nel comunicare, che posso insegnare agli altri». Dovrà abituarsi, presumo, al fatto che non tutti i giornalisti sono embedded, per così dire, con la magistratura, anche se invece c’è solito. Ora, non è che uno vuol storcere il naso in pubblico sui propri colleghi, però non saprei come definire la serie di domande che Liana Milella de «la Repubblica» Le ha rivolto dopo la Sua nomina. Ecco la serie (sintetizzo): «1) Intercettazioni. Ce ne sono troppe in giro, a partire da quelle di Potenza? 2) Lei ha fama di “duro”. Sarà così intransigente, dottor Davigo, anche da domani? 3) Come giudica un governo che fa la responsabilità civile, taglia le ferie e l’età pensionabile praticamente senza contraddittorio? 4) La corruzione, l’evasione fiscale, i condoni. Finora il governo ha fatto una lotta seria?» Sembrano palle alzate perché Lei le schiacci facilmente, in polemica con il governo (taglio delle ferie, riforma, insomma il “sospeso”). Che dire?
Non riesco a farLe i complimenti perché sono rimasto basito dalla Sua affermazione: «Non si tratta di essere intransigenti, ma di avere chiari i principi. “Sia il vostro dire sì sì, no no. Il di più viene dal maligno”, così è scritto nel Vangelo». E va bene che, come ha detto, bisogna «essere chiari, con frasi brevi e semplici», però, consideri le nostre perplessità. Fino a ieri l’altro era convincimento comune che il riferimento per la magistratura fossero le leggi e i codici, o pure che so le Pandette, il Codice Teodosiano, la lex Visigothorum, l’Editto di Teodorico, la Lex Salica, la Lex Frisionum, per dire, ma i Vangeli, come dire, ci spiazzano alquanto.
Il Quinto emendamento della Carta dei Diritti degli Stati uniti – certo, che Lei lo conosce a memoria, lo dico qua per rinfrescarlo ai lettori, che l’avranno sentito in chissà quanti film – sancisce, tra le altre cose che: «nessuno potrà essere obbligato, in qualsiasi causa penale, a deporre contro se medesimo». È a quella formula – Mi appello al Quinto emendamento – di fronte a domande incalzanti e a volte scorrette di un qualunque inquirente che si ricorre proprio per non dire sì sì, no no. Ricorderà di certo come proprio di fronte alla Commissione del senatore McCarthy, che considerava unamerican, alla stregua di traditori, tutti quelli che non la pensavano come lui, per esempio, fu proprio il non dire sì sì, no no – Lei è iscritto al Partito comunista americano? Lei ha mai avuto la tessera del Partito comunista americano? – che fu una pur fragile difesa. Avessero detto sì sì, erano traditori; avessero detto no no, saltava fuori un qualche teste o un qualche contributo finanziario, magari dato a una manifestazione, e si diventava reticenti, bugiardi, falsi testimoni. «Mi appello al Quinto emendamento», fu una dignitosa difesa. Le sembra forse che “il maligno” alligni nella Carta dei diritti degli Stati uniti d’America?
E poi, diciamolo, questa cosa del maligno, è davvero fuori luogo, Lei non presiede l’Associazione nazionale esorcisti – sia detto per inciso, ce n’erano più di duecento per un corso, proprio il giorno della Sua elezione, riuniti a Roma presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ma quello è il loro mestiere, dei preti intendo, loro sì camminano con i Vangeli in tasca per riconoscere “il demonio”.
Ricorrerà anche alle Sacre Scritture, dunque, al Pentateuco, al Levitico? Levitico – 5, 1-26: «Se una persona pecca perché nulla dichiara, benché abbia udito la formula di scongiuro e sia essa stessa testimone o abbia visto o sappia, sconterà la sua iniquità». Passeremo dall’osservanza al Levitico all’osservanza al Davidigo?
Mi lasci dire infine una cosa a proposito della convergenza delle correnti dell’Anm sulla Sua nomina – un accordo che, se non suonasse irriguardoso, definirei “verdiniano”, da scambio di sottosegretariati – e cioè del vincolo di rotazione, a Lei toccherà il primo giro per un anno. Lei ha dichiarato (se quanto pubblicato riporta con fedeltà le Sue parole): «Ben venga la rotazione. Io ci credo fermamente». Io, invece, non ci credo proprio in questa virtù della rotazione, mi sembra che si rinunci alle capacità acquisite nel gestire una qualunque forma di vita associata, di rappresentanza, per cedere a una retorica ingenua e populista. È una fissazione di Grillo e della buonanima di Casaleggio, questa della rotazione. Non mi starà diventando in questo impeto antigovernativo, anche Lei, grillino?
Le auguro, buon lavoro, comunque. Di una cosa sono certo, che Lei prenderà assolutamente sul serio, come ha sempre fatto d’altronde, questo nuovo impegno.
Io, per quel che vale, pure.
Nicotera, 13 aprile 2016
(foto: da “il fatto quotidiano”)