Il governatore Maroni non vuole i negri in Lombardia. Che stiano altrove. Non dove c’è lui. Che altri ci facciano lingua in bocca. Non dove c’è lui. Non c’è posto per i negri in Lombardia. Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha detto che ha deciso di «scrivere una lettera ai prefetti per diffidarli dal portare qui nuovi clandestini e scrivere ai sindaci per dirgli di rifiutarsi di prenderli».
Il governatore Maroni sembra Ross Bennett, il governatore dello Stato del Mississippi che non voleva assolutamente consentire ai negri di entrare all’università negli anni Sessanta. Bennett disse: «No school in our state will be integrated while I am your Governor. I shall do everything in my power to prevent integration in our schools», nessuna scuola nel nostro Stato vedrà l’integrazione razziale finché io sono governatore. Farò qualsiasi cosa in mio potere per impedire l’integrazione nelle scuole. È così che inizia una delle pagine più dolorose e straordinarie degli Stati uniti.
James Meredith aveva servito con dignità nell’Aviazione degli Stati uniti. Dal 1951 al 1960. Dieci anni della sua vita. Quando smise di essere un soldato, pensò che fosse giunto il momento di darsi una sistemazione per la vita. Nel 1954, la Corte Suprema aveva dichiarato che in tutte le scuole pubbliche dovesse essere permesso l’accesso a qualsiasi cittadino. Le scuole pubbliche erano pagate dalle tasse di tutti, tutti dovevano avere la possibilità di frequentarle. Questa era la legge. In Mississippi, nel Sud, la legge era un po’ diversa. Nelle scuole, i neri potevano entrare, ma erano separati tra “white” e “colored”. In tutte le cose erano separati tra “white” e “colored”, sui bus, alle fontanelle dell’acqua, nei bar, nei ristoranti. Meredith, comunque, si era diplomato a Jackson, Mississippi. Poi, era partito militare. Quando era tornato, nel 1961, aveva deciso che era il momento di iscriversi all’università del Mississippi, a Oxford. La “Ole Mess”. Disse poi che si era sentito ispirato dalle parole del presidente Kennedy. Solo che a Oxford, Mississippi, benché fosse un’università pagata dalle tasse di tutti, accettavano solo bianchi.
La domanda di ammissione di Meredith venne respinta. Due volte. In entrambe le volte, era stato aiutato da attivisti del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), l’organizzazione che tanta importanza aveva avuto e avrà in quegli anni nella battaglia per i diritti civili. A questo punto, Meredith si rivolge alla Corte distrettuale del Mississippi sostenendo di essere stato escluso per motivi razziali. È maggio, maggio del 1961. Dopo infinite audizioni, la Corte decide che Meredith ha il diritto di frequentare l’università. Sostiene questo facendosi forte anche di un parere della Suprema Corte, cui si era rivolta.
È settembre, settembre del 1962. La Corte ingiunge al board dell’università di accettare la domanda di ammissione di Meredith. È a questo punto che si scatena l’inferno. Il parlamento dello Stato approva rapidamente una legge che impedisce l’ammissione all’università a chi abbia dei reati. Meredith aveva dei reati: era stato arrestato per aver violato le leggi sul voto, ovvero per poter esercitare un proprio diritto. Ma la Corte insiste, e decide l’arresto del governatore e gli commina una multa, a meno che non esegua quanto prescritto, entro il 2 ottobre.
Bennett è un democratico. Come i Kennedy. E è proprio un Kennedy che continua a parlargli. Solo che non è il presidente John, è il fratello Bob. Che è ministro della Giustizia. Bob aveva iniziato a farsi le ossa al Dipartimento di Giustizia, nel 1952. Poi era passato come consigliere giuridico nella Commissione McCarthy, quella che perseguitava “i rossi”. Si dimise presto, anche per seguire la carriera politica di John, e poi si era distinto nella Commissione anti-racket, soprattutto contro quel controverso personaggio che era Jimmy Hoffa, il boss del sindacato. Quando John diventa presidente, lui va alla Giustizia. È intransigente, è intelligente, è preparato. Progressivamente, è diventato sempre più democratico. Ha abbracciato la causa dei diritti civili.
Bob Kennedy convince Bennett a non insistere oltre. Bennett sembra cedere. Si mettono d’accordo. La domanda di Meredith sarebbe stata accettata dall’università del Mississippi, ma di domenica, quando nessuno l’avrebbe visto. Lui avrebbe salvato la faccia. Lui promise che non avrebbe fatto scoppiare disordini. Kennedy però non se la beve. Manda cinquecento sceriffi federali a accompagnare Meredith. Ma sottovaluta la situazione, la durezza dello scontro.
È il 29 settembre. Tutti i razzisti del Mississippi, dell’Alabama, di ogni buco di culo dell’America sembrano convergere su Oxford. Tutto il Klu Klux Klan, e i cavalieri bianchi con le loro croci di fuoco sembrano convergere su Oxford. La notte scoppiano sommosse, i federali vengono accolti con pietre, bottiglie, macchine incendiate, colpi di pistola. Non c’è un soldato in giro. I federali hanno tutti un elmetto bianco, per riconoscersi. Sembrano, nelle foto, inviati dell’Onu. Inviati dell’Onu a mettere pace, a fare i peacekeepers in una guerra. No, non in Congo, non in Ruanda, no, a Oxford, Mississippi, Stati uniti d’America. Tra l‘uomo bianco e l’uomo nero. Tra americani. Gli scontri durano per tutta la notte e il giorno dopo. Ci sono anche i militari adesso. Li hanno mobilitati i Kennedy, John e Bob. Due uomini rimangono a terra. Due morti.
L’uno ottobre del 1962, circondato dai federali con l’elmetto, dai Marshall, James Meredith presenta la sua domanda all’università del Mississippi, che viene accettata. È il primo nero a entrare in un’università del Mississippi. Un passo di straordinaria importanza per la lotta dei diritti civili.
Il governatore Maroni dice che scriverà ai sindaci che se qualcuno di loro dovesse accogliere i negri lui ridurrà i trasferimenti regionali, «come disincentivo, perché non devono farlo e chi lo fa, violando la legge, subirà questa conseguenza». C’è una legge “speciale” in Lombardia? La Lombardia ha una legge diversa dal Lazio, dalla Calabria, dall’Emilia Romagna? La Lombardia è come il Mississippi? C’è la segregazione razziale nella Lombardia del governatore Maroni?
E allora si mandino tutti i prefetti d’Italia, a scortare i migranti. I negri. Se è il caso con l’elmetto. Bianco. Si mandino tutti i prefetti a eseguire un ordine del governo, che è poi una decisione del parlamento e un accordo con l’Europa. Il ministro dell’Interno ha il polso per far rispettare una sua decisione? La Lombardia del governatore Maroni si trova in un altro Stato diverso dall’Italia?
Si mandi l’esercito, se è il caso. O l’esercito si mobilita solo per far rispettare la legge al Sud, a Reggio Calabria, a Palermo? Si mandino i soldati che tornano dall’Afghanistan. Quelli che la guerra l’hanno vista, quelli che lo sanno cosa significa dover fuggire e lasciare ogni cosa. Che siano loro a scortare i migranti. Clandestini, li chiama Maroni. Per renderli colpevoli di un reato, per negare loro dignità, cittadinanza. Se non hanno diritti, se sono solo nuda vita, non possono essere accolti. Se non sono cittadini non possono essere accolti. Se sono portatori di reato, e se sono “clandestini” lo sarebbero, non possono essere accolti. Questa è la legge del governatore Maroni. I shall do everything in my power. Farò qualsiasi cosa in mio potere. La “sua” legge.
Beh, governatore Maroni, puoi chiamare a raccolta tutti i tuoi “cavalieri verdi”, potete mettervi tutte le felpe che volete e strillare tutti i vostri cori razzisti del cazzo. La novità è che stiamo arrivando. Noi, e i negri, e i clandestini. La novità è che con noi ci saranno i marshall e l’esercito. La novità è che canteremo una canzone: «I’ll sing you a song about a town where the devil had his rule», canteremo la storia di un luogo dove governava il diavolo. We shall overcome. Stiamo arrivando. Insciallah.
Nicotera, 8 giugno 2015