Twin Peaks, Waco, Texas, guerra tra gang di bikers: l’America è reale o è una fiction?

waco_bikersLe ragazze girano seminude tra i tavoli. Hanno il cappello a tesa larga e gli stivali. Non c’è molto altro, a coprirle. Potresti scambiarli per cowboy, di quelli che incaprettano i vitelli oppure provano a montare lo stallone e a cadere senza farsi ammazzare dagli zoccoli, se non fosse per quel ben di dio di tette. Prendono gli ordini e vanno verso la cucina, sculettando. Poi ritornano – le bistecche sono alte almeno tre dita – e mettono quei piatti grandi come ruote di caterpillar sui tavoli. Tutte quelle tette ballano che è uno spettacolo. I ragazzi si danno di gomito, ma nessuno allunga le mani. Sono bestioni, e ciascuno potrebbe mostrare almeno dieci cicatrici da rissa. Sono cattivi, ma cattivi sul serio, non come i tagliagole dell’Isis. Però, nessuno allunga le mani. Gli verrà il torcicollo a furia di guardare ballare quelle tette, ma nessuno fiata. Siamo in territorio neutro. Qui devi seguire le regole. Qui le bande depongono le armi. Come nei vecchi saloon, quando ti toglievi il cinturone e lo davi all’uomo dietro al bancone, insieme al fucile, se lo avevi. Qui, è il ristorante Twin Peaks, Waco, Texas.
E uno. A Waco, trent’anni fa, ci fu una delle più illegali e spietate operazioni del governo federale. Ci morirono settantasei persone (fra cui ventiquattro cittadini inglesi, più di venti bambini e due donne in stato interessante). Ci morì anche il capo di quella comunità di “davidiani”, David Koresh. Koresh aveva convinto la sua gente che Dio gli aveva ordinato di procreare una stirpe ampia per creare una “Casa di Davide”. Tutte le donne della comunità si disposero affinché il disegno divino venisse compiuto. Non sappiamo con esattezza il fervore dei mariti riguardo il medesimo disegno divino. A un certo punto l’Fbi si era messa a indagare su quella strana comunità, qualcuno ne era fuggito e aveva raccontato cose turche. Quando andarono a vedere come stavano le cose ci fu una sparatoria: morirono sei davidiani e quattro agenti. Fu a quel punto che i federali decisero di assediare la comunità arroccata su una collina. Non potevano entrare, perché si erano cacati sotto di quante armi avessero. Non potevano entrare, perché la legge vieta l’intervento federale su una proprietà privata. Figurati. Clinton diede l’ordine. L’assedio durò cinquanta giorni: cominciò il 28 febbraio e si concluse il 19 aprile. Forse li volevano prendere per fame, forse non aspettavano che un qualche pretesto per scatenare l’inferno. E lo scatenarono comunque l’inferno: prima circondarono tutto con veicoli corazzati e carri armati, in modo che non ci fosse un buco per scappare neanche per un topolino, poi spararono i gas lacrimogeni, e poi le bombe incendiarie. Le fiamme divamparono senza dare scampo. Anni dopo, il capo dell’Fbi ammise che forse sì qualche bomba incendiaria era stata usata, però no, l’incendio non era direttamente collegabile. Se la stirpe di Koresh finì quel giorno, Waco è diventato un inno di battaglia per tutti quei matti scorciati che girano per l’America, convinti che dietro ogni stronzata (e lo sbarco finto sulla Luna, e i marziani tenuti segreti a Roswell, tanto per dire) ci sia lo zampino dell’Fbi e della Cia. Tutti quei matti scorciati che tengono una valanga di armi dentro le loro catapecchie o le loro roulotte su mattoni, e che nessuno si avvicini perché questa è proprietà privata, e il governo federale è buono solo per prendersi le tasse e fotterci. Ecco, questa gente qua. Che sono tanti, negli Stati uniti, non una cosa esotica. A cominciare dalle bande di motociclisti.
E due. Twin Peaks. In onda tra il 1990 e il 1991, diretto da David Lynch, fu la serie che cambiò l’idea stessa di fiction televisiva. La morte di Laura Palmer e le indagini paranormali dell’agente Dale Cooper scoperchiarono il lato oscuro e nascosto della cittadina inventata, al confine tra Stati uniti e Canada, e dei suoi abitanti. E crearono legioni di fan inossidabili, e un immaginario simbolico valido per ogni buco di culo del mondo, dalla Corea alla Danimarca. Anche per un ristorantino del cazzo a Waco, Texas.
Tra i ragazzi delle bistecche dev’essere volata qualche parola di troppo, a un certo punto. Facevano i gentiluomini con le ragazze dalle tette di fuori, ma sempre bestioni restavano tra di loro. C’erano tre bande di bikers, forse cinque, che si erano date appuntamento lì, al Twin Peaks di Waco. Forse per mettere a punto le regole e i confini per i loro traffici di armi e droga, forse qualcosa era andato già storto e bisognava rimettere qualcuno a posto. Sembravano le scene tratte da Il selvaggio con Marlon Brando, quando i Black Rebel Motorcycle Club guidati da Johnny arrivano a Wrightsville gettando scompiglio tra i tranquilli e intimiditi cittadini, e poi si scatenano nella guerra contro i loro rivali, i Beetles. Il fatto è che secondo me la polizia sapeva tutto. Sapeva dell’appuntamento, sapeva che sarebbero volate parole grosse. Aveva avvisato il proprietario del Twin Peaks e forse pure le ragazze con le tette di fuori. State tranquilli, fate come se niente fosse, ci siamo noi a proteggervi. E s’era appostata, aspettando. Tutto inizia con un cazzotto. E lì inizia il finimondo. Escono fuori le catene e le mazze e i coltelli, volano tavoli e sedie, la rissa si sposta nel piazzale antistante, diventa furibonda. Corpo a corpo. E parliamo di bisonti che caricano. Poi, qualcuno tira fuori la pistola. E spara. Spara. Spara. Si conteranno nove morti alle fine. I clienti del Twin Peaks quando cominciano a volare le pallottole si gettano a terra e, strisciando, arrivano fino alle celle frigorifere e si chiudono dentro. Non sappiamo se anche le ragazze con le tette di fuori, si sono chiuse nei frigoriferi. Però, per fortuna nessuno a parte i bikers è rimasto ferito. La notizia vola rapida. Da ogni parte arrivano i fratelli di ogni banda, a dare man forte. E non vengono a mani nude. È a questo punto che interviene la polizia. Prima quando si ammazzano stava ancora a guardare, si ammazzano fra di loro, lascia che si ammazzino. Ora arrivano gli altri, stavolta ce li togliamo dai coglioni per un bel po’. Ne arrestano più di cento, con asce e mitragliette, pugnali e revolver, fucili a pompa e tirapugni. Ognuno un’armeria intera. Per terra rimangono più di cento armi da fuoco. Era una trappola. E i cazzoni bestioni ci sono cascati.
E tre. Sons of Anarchy è una serie televisiva americana trasmessa per sette stagioni dal 2008 al 2014. La serie narra le vicende di un club di motociclisti chiamato Sons of Anarchy e è ambientata nella città immaginaria di Charming, situata nella Valle di San Joaquin in California. I Sons of Anarchy sono affiliati a diversi gruppi sulla costa occidentale degli Stati Uniti, ma anche in Irlanda, con traffici d’armi, Regno Unito, Svezia, Canada e Australia. La comunità era stata fondata negli anni Sessanta da due amici e veterani della guerra del Vietnam. Alla morte di uno – poi si saprà che la morte forse non fu per niente accidentale –, il comando passa a Clay Morrow, che sposa la moglie del boss morto, Gemma, e adotta suo figlio Jackson, detto Jax. Sotto il comando di Clay, i Sons of Anarchy prendono una strada diversa da quella immaginata originariamente, divenendo molto violenti e usando come fonte di sostentamento il traffico illegale di armi. L’intreccio sembra proprio shakespeariano, con Gemma nella parte di Lady Macbeth, e il giovane Jax ossessionato dal fantasma del padre, come se Charming, California, fosse il castello di Elsinore.
È tutta così l’America, un luogo dell’immaginario, un luogo dove la realtà non può che essere più fantastica di qualsiasi serie televisiva, un luogo in cui le serie televisive diventano carne e sangue. Tanto sangue.

Roma, 19 maggio 2015

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