È morto Günter Grass. Europa anno zero.

È morto a Lubecca Günter Grass. Era del 1927. Come il papa emerito Ratzinger. Ratzinger è di aprile, un po’ più grandicello, Grass era di ottobre. Una volta in un’intervista Grass raccontò del suo incontro in un campo di prigionia alleato con Joseph Ratzinger: «Ricordo le nostre confessioni, lui voleva diventare religioso, io intellettuale. Oggi io sono scrittore, lui è papa, è una bella storia, non è vero?» Non so se sia una bella storia. So che appartiene alla storia.
Nel 2006, in occasione dell’uscita del libro Sbucciando la cipolla, Günter Grass rivelò di essersi arruolato volontario nelle Waffen-SS, mentre fino allora si era creduto che fosse stato un semplice coscritto. Nessuno riuscì a capire bene perché facesse quella confessione così tardiva. Per amore della verità, per togliersi dalla coscienza un peso terribile, proprio lui che aveva sempre sferzato la Germania per la propria storia recente, per i suoi lati oscuri? Sapeva quali polemiche avrebbe scatenato. Certo, ne parlava nel libro. Qualche giorno dopo l’intervista al direttore della «Frankfurter Allgemeine Zeitung», il settimanale «Der Spiegel» pubblicò tre documenti che dimostravano inoppugnabilmente il suo arruolamento volontario. Erano già bell’è pronti, ben prima dell’intervista. Grass si era limitato a giocare d’anticipo?
A quindici anni Grass aveva tentato di arruolarsi nella Marina del Terzo Reich, ma lo scartarono e allora entrò volontario nel Reichsarbeitsdienst (un corpo ausiliario della Wehrmacht); due anni dopo entrò, sempre come volontario, nelle Waffen-SS. Ferito in servizio nel 1945 era stato catturato dagli americani e chiuso in un campo di prigionia in Baviera insieme a altri soldati tedeschi. Liberato dal campo, si riprese la sua vita.
Ratzinger, a sedici anni, nel 1943, era stato assegnato al personale di supporto alla Luftwaffe, insieme a molti suoi compagni di classe. Nel settembre del 1944 la sua unità fu sciolta e fu trasferito al confine ungherese dell’Austria, in attesa dell’offensiva dell’Armata Rossa. A novembre del 1944 la sua unità fu nuovamente sciolta e Ratzinger fu assegnato a una caserma di fanteria. Nell’aprile del 1945, disertò. Con l’arrivo degli americani, Ratzinger fu recluso per alcune settimane in un campo degli Alleati, vicino a Ulma, come prigioniero di guerra. Venne rilasciato nel giugno del 1945.
Forse fu a Ulma che Grass e Ratzinger si incontrarono, avevano diciott’anni. Pensarono quale sarebbe potuta essere la loro nuova vita. Germania anno uno. Ci azzeccarono.
È curioso, ma le polemiche sul passato di Ratzinger si infittirono nel 2006, poco prima della confessione di Grass. L’Arcivescovato di Monaco di Baviera aveva incaricato di condurre uno studio indipendente sulla storia del Sankt Michael e sul suo più celebre seminarista, aprendo i suoi archivi. E così si era visto che era stato catalogato come «Zwangs-Hitlerjunge», membro forzato, per distinguerlo da chi aderiva di sua spontanea volontà e per questo definito «Stamm-Hilterjunge». Fu però Joachim Fest, probabilmente lo storico più importante del nazismo tedesco, a separare il grano dal loglio: «Il giovane Joseph Ratzinger fu arruolato a forza dai nazisti, e solo come ausiliario nella contraerea. Il giovane Günter Grass invece si presentò volontario. E tra la contraerea e le SS c’era una bella differenza davanti alla coscienza del mondo». Fest non perdonava Grass. Era possibile separare il grano dal loglio, i mondi dagli immondi, parlando di quegli anni? La differenza tra «Zwangs-Hitlerjunge» e «Stamm-Hilterjunge» riguardava gli storici e i tribunali di guerra, ma era percepibile di primo acchito?
Forse Fest non perdonava a Grass le altre cose che aveva detto in quell’intervista, quel minimizzare la propria adesione al nazionalsocialismo come uno scatto di adolescenza, «un modo per girare l’angolo e voltare le spalle ai genitori», aveva detto. Soprattutto, aveva detto: «Ormai celebriamo tanti eroi della resistenza tedesca che non si capisce come mai Hitler arrivò al potere, quando invece il nazismo fu accolto da consenso ed entusiasmo». Aveva detto troppo Grass.
E tutto questo pesò sulla sua figura, schiacciò il suo ruolo pubblico – è di questo che qui stiamo parlando. Le polemiche furono roventi, ci fu chi chiese che restituisse il Nobel, ricevuto nel 1999. Nella motivazione, c’era scritto: «whose frolicsome black fables portray the forgotten face of history», le cui vitali favole nere ritraggono il volto dimenticato della storia. Beh, nonostante la “trilogia di Danzica”, Il tamburo di latta, Il gatto e il topo, Anni da cani, a avere dimenticato qualcosa era stato soprattutto lui. Grass era sempre stato un letterato di impegno, schierato decisamente con la socialdemocrazia da Willy Brandt a Schroeder. Era una cosa che teorizzava, non un’adesione informale, la politica dei “piccoli passi”. Non aveva amato il movimento studentesco di Rudy Dutschke – che probabilmente è stato il movimento più interessante e zeppo di teorie di tutto il ’68, dall’Europa all’America al resto del mondo, e quel leader il leader più complesso e sfaccettato. Però, ne aveva appoggiato le istanze antimperialiste e antiamericane.
Da Brandt a Schroeder appoggiò quell’apertura a est, quel disgelo che significava anche non mettere in discussione una Germania divisa a metà. Per Grass, una Germania unita avrebbe significato di nuovo una coazione a ripetere alla belligeranza nel cuore dell’Europa, come se i tedeschi, insieme, non sapessero fare altro che prendersi l’Europa con la forza. Per questo non amava la Merkel, dopo non avere amato Kohl.
Aveva polemizzato con Reagan per la sua visita al cimitero militare di Bitburg nel 1985 insieme a Helmut Kohl, aveva polemizzato con Israele per il suo armamento nucleare puntato contro l’Iran – tanto da farsi dichiarare persona non grata –, aveva polemizzato, sempre, con la sua Germania, per le politiche sull’immigrazione, per l’asservimento al consumismo americano, per la perdita di identità nello smarrimento e nella furia di rimuovere il passato, per il rigore finanziario contro Atene e la Grecia.
Nella sua poesia Europas Schande, Vergogna dell’Europa, scriveva così: «Priva di spirito deperirai senza il Paese / il cui spirito, Europa, ti ha inventata».
È morto Grass. Europa anno zero.

Nicotera, 13 aprile 2015

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