Salviamo quei ventuno peshmerga curdi

Ho pensato a un segno, a un qualche codice da interpretare. C’è sempre una strada punteggiata di sassolini verso l’orrore. Così, se 21 erano i copti egiziani catturati e uccisi dai tagliagole dell’Is e 21 sono i curdi peshmerga catturati e “esposti” a Kirkuk, mi sono detto che non poteva essere casuale, che dovevo andare a leggermi la Sura 21. La Sura 21, Al-Anbiyâ’ (I Profeti), inizia così: «Si avvicina per gli uomini la resa dei loro conti, mentre essi incuranti, trascurano». Forse – mi sono detto – è un sassolino sul sentiero. Sono le parole di Allah rivelate a Maometto, ma potrebbe averle dette Yahveh per bocca di Mosé a incoraggiare le sue dodici tribù di Israele, o Joseph Smith ai suoi mormoni per incitarli alla Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi dell’ultimo giorno. Un profeta qualunque cioè. Un narratore, per la voce di Dio. Ma ripetute dal Gran Califfo dell’orrore al-Baghdadi hanno un suono sinistro. È un passo. Verso l’abisso.
Più avanti ai versetti 39 e 40, leggo: «Ah! Se i miscredenti conoscessero il momento in cui non potranno allontanare il fuoco dai loro volti e dalle loro schiene e non potranno essere soccorsi! E invece giungerà loro all’improvviso, e ne saranno sbalorditi. Non potranno allontanarlo e non sarà dato loro un rinvio». Il fuoco. Come per il pilota giordano. È questo l’indizio. Li bruceranno. «68. Dissero: Bruciatelo e andate in aiuto dei vostri dei, se siete [in grado] di farlo. 69. Dicemmo: Fuoco, sii frescura e pace per Abramo». Abramo cadde in una pira e Allah lo salvò. Se brucerai, vorrà dire che Allah non ritiene tu sia degno di essere salvato. Lo so da me, straparlo.
Li hanno messi nelle gabbie e portati in giro sul retro dei loro pickup per le strade di Kirkuk, o nei dintorni. Attraversano un mercato, ci sono tende, tetti di lamiere e la folla sulla strada. Passa lo spettacolo, chi può perderselo. I prigionieri in tuta arancione sono legati dentro le gabbie, ciascuno alla sua, e sballottolano su quelle strade accidentate, dev’essere l’ultimo dei loro pensieri. Cosa pensa un uomo solo sballottolato sulla strada che lo porta alla morte? La folla plaude. Chissà cos’altro potrebbe fare. Cos’altro vorrebbe fare.
Vogliono i nostri soldi? Diamoglieli. Vogliono il nostro oro? Diamoglielo. Raccogliamolo, come fecero gli ebrei nel ghetto di Roma. Cinquanta chili ne vollero i nazisti. In due giorni. Diamogli ogni cosa pur di salvare la vita di quei ventuno curdi. Sono nostri prigionieri, non meno degli italiani nelle loro mani, o di quelli della lunga lista per cui abbiamo sempre provato a pagare riscatti, o di inglesi o francesi o americani a cui hanno tagliato la gola. Un curdo vale meno o più di un giordano? Un inglese vale meno o più di un copto? Un combattente peshmerga vale meno di un drone? Solo pensarlo mi fa orrore. Separeremo i mondi dagli immondi, quelli da salvare, quelli da abbandonare? Le agenzie, le intelligence, le aziende del petrolio di ogni bandiera, che collaborino. Se un’Europa c’è, ci sia nel salvare quegli uomini. Se un’Onu c’è, se un consesso di nazioni unite c’è, ci sia nel salvare quegli uomini. Altrimenti a cosa possono servire, a organizzare guerre? Perché si fanno summit urgenti per le guerre e la stessa urgenza non c’è per salvare degli uomini? Ogni uomo: copto, curdo, italiano, americano, libico. Ogni uomo è un nostro uomo, ogni prigioniero è un nostro prigioniero. Se non partiamo da qui, se ci preoccuperemo e difenderemo ciascuno solo un uomo della nostra tribù, ciascuno le sue frontiere, non saremo molto diversi da quei tagliagole. Noi italiani siamo stati bravi a salvare Vanessa e Greta, e le due Simone e la Sgrena e e. Altri sono ancora nelle loro mani. Liberiamo questi ventuno curdi, proviamoci. Come potrebbero mai i curdi riscattarli, loro che non hanno uno Stato? Un curdo vale niente, quand’è prigioniero. È solo un simbolo, nuda vita, pronta a essere macellata. Arrostita.
Nell’Andrea Chenier, quando Maddalena si sostituisce a una prigioniera condannata alla ghigliottina per stare insieme al suo amato poeta, dice alla guardia che ha corrotto: «A voi! Gioielli son. Questo è denaro». Cosa può essere mai il denaro, cosa possono essere i gioielli a fronte dell’opportunità di stringersi all’amato, anche se si va incontro alla morte, anche se insieme saliranno sulla carretta che, in mezzo alla folla giubilante, li porterà alla ghigliottina?
Il mondo ha sostituito le carrette trainate da cavalli con i pickup. Il giubilo delle tricoteuses è lo stesso, anche se oggi chattano e twittano e guardano i filmati sul web. Il nostro progresso è tutto qui.
Resiste il rancore. Robespierre non interviene a salvare Andrea Chenier perché anche Platone nella sua Repubblica condannava i poeti. Lui stesso poi salirà sulla carretta trainata dai cavalli verso la ghigliottina. Cosa pensa un uomo solo sballottolato sulla strada che lo porta alla morte? Come l’amore, la poesia però rimane. «Ogni curdo è un poeta», diceva lo scrittore armeno Hovhannès Toumanian.
A voi, tagliagole. L’odio vi distruggerà. Prendete le nostre ricchezze. A voi! Gioielli son. Questo è denaro.

Nicotera, 22 febbraio 2015

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