«Volevo ringraziare il vento». Non gliel’hanno fatto fare. Che si può, ringraziare il vento? Voleva ringraziare il vento, Vito Fiorino, che la notte del 3 ottobre 2013, quando ne morirono trecentosessantasei, ne salvò quarantasette, col suo peschereccio e i suoi uomini. Pochi mesi fa, a un anno dalla strage, quando si fanno le cerimonie pubbliche commosse e arrivano quelli coi vestiti buoni e le cariche, e si alzano le bandiere e suona la banda, lui non c’è voluto andare. Ci fosse andato, avrebbe voluto ringraziare il vento: «Perché quella notte il vento ha soffiato a favore di questi ragazzi, perché era un vento di scirocco, che soffia da sud-est verso le coste di Lampedusa. Se ci fosse stato il maestrale, nord-ovest, non avremmo trovato in mare neanche una persona. Solo questo volevo dire: grazie allo scirocco». Lui ne salvò quarantasette; i morti, i trecentosessantasei, li ammonticchiavano sulla spiaggia, che a impilarli uno sull’altro si poteva salire fino al cielo, tutti quei corpi. Che a metterli nelle fosse uno sull’altro, tutti quei corpi, si poteva scendere fino al centro della terra, fino all’inferno.
E solo questo ormai ci tocca fare, ringraziare il vento quando va bene, come fossimo fenici nel Mediterraneo, più di duemila anni fa. Come se tutta la nostra civiltà e la nostra tecnologia, tutte le nostre medicine e i nostri farmaci e le nostre competenze, e i mezzi navali e gli elicotteri e i pronto soccorso, e i nostri radar, tutto servisse a niente, duemila anni di niente. Perché dobbiamo ringraziare Eolo, quando va bene. Oppure no. L’altra notte no. L’altra notte si sono salvati dalle acque meno delle dita di una mano. L’altra notte ne sono morti non si sa quanti – più di duecento, no, più di trecento, serve a cosa contarli? –, si sono persi due gommoni, forse tre, forse quattro.
Quando il mare è grosso, mandano avanti i negri, della Costa d’Avorio, del Ghana, del Niger. Valgono di meno e si può rischiare di più. Se si perde il carico, se la merce va in mare, la perdita sarà minore. Li fanno salire sui barconi minacciandoli con i mitra: tu lo sai che vai a morire, forse vai a morire. Di fronte hai una pallottola e di là c’è il mare che ti aspetta, forse per inghiottirti. Una morte certa o una morte probabile. Questa è la scelta. Neanche i negrieri – arabi, per lo più, erano loro a dare la caccia sulle coste africane ai più giovani e forti, non è cambiato granché sembra, neanche da questo lato qui –, neanche gli schiavisti che li portavano nelle Americhe, erano così brutali, così cinici. Questi, poi, ti vengono in bocca, non li devi andare a rubare.
Ti vengono in bocca perché fuggono dalla morte certa. Una pallottola davanti, oppure di là il mare, che forse ti inghiottirà. Nel 2014 sono centosessantacinquemila gli stranieri giunti via mare nel Mediterraneo. Nel 2013 erano stati sessantamila. Sono i numeri dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Guardando solo all’Italia il numero di eritrei e siriani – quasi la metà delle persone che sono arrivate nel 2014 provengono dalla Siria e dall’Eritrea – arrivati via mare dall’inizio dell’anno è aumentato di quasi il 400 percento e il 600 percento, rispetto allo stesso periodo del 2013. L’Italia ha ricevuto arrivi nel 2014 al ritmo di più di quindicimila al mese. Più di cinquecento al giorno. L’Europa, intanto, pensa.
Siriani, tanti. Dove c’è la guerra civile, ma noi ci giriamo dall’altra parte o avvertiamo l’orrore solo quando tagliano la testa a uno dei nostri. In Siria, ogni minuto una famiglia è costretta a lasciare la propria casa. Un ritmo di diecimila sfollati al giorno. In Iraq dove il Gran Califfo dell’Orrore ha fondato il suo Stato islamico sono già centinaia di migliaia quelli che hanno dovuto abbandonare tutto e fuggire solo con i vestiti che avevano addosso. Dall’inizio del 2014, quasi ventimila minori sono arrivati a Malta e in Italia via mare, di cui almeno diecimila non accompagnati. È davvero impossibile immaginare questo dolore, cosa può voler dire mandare i figli, piccoli, via dalla guerra, affidarli a qualcuno perché vengano portati via. Salvati. Da soli affrontano il viaggio. Da soli affrontano il mare. Da soli, spesso, annegano. Oltre il cinquanta percento dei rifugiati in tutto il mondo sono bambini. Se non è un olocausto questo.
L’operazione “Mare nostrum” non serviva a granché ma un po’ ne aveva salvati. “Triton” adesso è un massacro, sembra ci abbiano studiato apposta. La Commissione europea ha annunciato che terrà il suo primo dibattito di orientamento sull’immigrazione a inizio marzo e che sta svolgendo «uno studio di fattibilità» sul pattugliamento delle frontiere marittime europee, una funzione che andrebbe al di là del mandato attuale di Frontex ma «servono più fondi». Uno studio di fattibilità. A marzo. Più fondi. A occhio e croce, di qua a marzo ne moriranno qualche altro migliaio. Serve contare i morti? L’Europa, intanto, pensa.
Certe sere, sento urlare il mare come mai. Ormai dev’essere stufo anche lui di tutta questa morte. Certe volte il suo urlo sembra l’urlo di tutte le migliaia di uomini e donne e bambini che stanno lì sotto. Ormai, quando scendo al mare e lo vedo grosso che soffia maestrale, certe volte mi butto lì in ginocchio sulla spiaggia e lo prego al vento, di cambiare. Gli prometto un agnello, e miele e fiori di zagara. Accendo un fuoco con quello che il mare ha portato, rami, copertoni, plastiche, galleggianti, vecchie reti rotte, e faccio fumo. Prego che quel fumo arrivi lontano, e che passi lo stretto e si spinga verso u mari rossu, il mare grosso, come lo chiamiamo, verso il canale. Che lo vedano e provino a dirigersi qui. A salvarsi. Raccoglieranno le nostre arance, a venti euro al giorno, e le mani si faranno di ghiaccio perché le devi prendere presto, le arance, e in campagna l’umido sembra scavarti nelle ossa, e dormiranno in tendopoli sotto le plastiche senza stufe, perché certi giorni la luce elettrica viene e certi giorni la luce no. Saranno vivi, forse. Cos’altro posso fare?
Bestie che siete, bastardi nel cuore. Le leggo le vostre dichiarazioni contro gli immigrati. Li leggo i vostri “commenti” del piffero sui social. Vorrei mettere voi nelle tende sotto le plastiche. Vorrei prendere voi sulla strada all’alba per portarvi in campagna. Vorrei spingere voi sul gommone a salvarvi da una guerra. Bestie che siete. Dovrebbe essere un reato esprimere questa merda contro gli immigrati. Questo negazionismo. O almeno dovrebbe essere garantito che uno vi possa prendere a calci in bocca, senza pagarlo.
Pregherò il vento, e gli prometterò un agnello e miele e fiori di zagara. Perché soffi forte, e ruggisca, e arrivi qui a spazzare via tutta questa merda. Cos’altro posso fare?
Nicotera, 11 febbraio 2015
sono assolutamente d’accordo con quello che scrivi, commossa dalle tue parole, tanti anni fa ci conoscevamo, a messina, ma su questa strada ci ritroveremo ancora