Genova, VaffaGrillo Day

Deve avere impattato solo quelli che non l’hanno votato Grillo. Che a Genova ha sempre fatto bei numeri. Alle politiche del 2013, alla Camera il Movimento 5 Stelle ha preso il trentadue per cento, e al Senato il trenta. Pure alle europee di quest’anno, che non è stato proprio un gran successo, ha comunque portato a casa più del ventisette per cento. Non sono bruscolini.
Dovevano essere tutti concentrati là, in via Brigata Liguria, al Museo di Storia naturale e al borgo Incrociati, quelli che non l’hanno votato. Si saranno passati parola. Ma non vai a casa tua con un ambaradam di scorta e caricato a pallettoni. Saranno stati tutti renziani. Forse è per quello che lui gli ha gridato contro di dirlo a Renzi di venire a spalare. Chissà come mai non ha nominato Juncker o la Merkel, visto che ora – è da un bel po’ per la verità – dice che vuole fare un referendum sull’euro e è tutta colpa della Commissione europea. Chiamate i tedeschi a spalare. Sarebbe suonato lo stesso.
Oppure è per via di quel nome del piffero che aveva messo al suo ultimo giro d’Italia in cui vomitava contro il mondo della politica e mobilitava all’assalto al cielo: lo Tsunami tour. Ora suona sinistro quel nome, a Genova. Bisogna averci pure culo – puoi pure chiamarla intuizione, fiuto, se vuoi – nelle cose della politica. E cervello.
Culo sinora Grillo ne ha avuto tanto. È saltato su quando il mondo dei partiti rovinava e si sbriciolava come fosse fatto di mattoncini lego e bastasse solo un monello dispettoso, un discolo per buttarlo giù. Grillo non ha mandato in crisi il mondo dei partiti politici; non più di quanto Bossi avesse provocato Tangentopoli. È la crisi dei partiti politici che ha ingigantito Grillo. E devi averci culo perché la palla ti rimbalzi sulla coscia e vada in porta e tu faccia gol.
Ora è il tempo del cervello. C’hai una marea di deputati, consiglieri regionali, comunali, sindaci, un movimento di opinione e di protesta pazzesco e tu stai ancora a fare i Vaffaday? L’ultimo, a novembre 2013, l’aveva fatto proprio a Genova. Fai politica, cazzo.
Grillo non ha capito il renzismo. Lo ha visto solo come una manovra di Palazzo, qualcuno che avrebbe continuato la politica dei partiti di prima con gli stessi mezzi. E le cose non stanno così, Renzi era ineluttabile per come stiamo messi. E le cose della politica sono cambiate, per un movimento come quello di Grillo. Molto.
Il movimento annaspa. Si contorce, si avvita, si avviluppa su se stesso. Si fraziona, si sminuzza, si spezzetta. Si esaurisce. E ci esaurisce, pure. Con le guerricciole fra esponenti di questa o quella linea, stai con Di Maio o stai con Crimi? Scusi, che dicono? Boh, uno cerca spazio, l’altro è un portaordini. Ah, beh. Oppure, con i beau geste del senatore Pincopallo che mette le monetine sul tavolo del presidente del Senato. Uau, questa sì che è revolucion, adelante Pedro. E lì piace a Grillo che ogni stupidata dei suoi uomini sia ingigantita dai giornalisti, e paginone di foto, e articoloni e commenti di politologi, e come gli piace. Poi, però, è sempre colpa dell’informazione, che contorce, avvita, avviluppa e esaurisce il Movimento. Certo, ci sono quelli che di mestiere gli danno addosso, per interesse. Mica solo ai 5 Stelle. Però, c’è quella che dice che lo Stato sociale se l’è inventato Mussolini, e quell’altro che dice che Ebola s’è mangiata la Nigeria, quell’altro che Farage è un sant’uomo. Cambia disco, Grillo. Non è colpa dei giornalisti se i tuoi dicono fregnacce. Mettigli il bavaglio. Anzi, il bavaglino. Hai messo su una covata di cazzari, dove i migliori sono quelli che non aprono bocca perché, si sa, così si sembra più intelligenti.
Sarebbe tempo della politica. Adesso. Finora, Grillo ha fatto d’intuito. E ha fatto benissimo, ha fatto i botti. È adesso che sembra un comico, perché se continui a ripetere le stesse cose mentre intorno il mondo è cambiato, la politica diventa una gag, una brutta gag.
«Sono io la politica», dice Grillo ai genovesi incazzati, che lo sberleffano, lo mandano affanculo, mentre spalano fango. «Volete sfogarvi? Prendetevela con me». Sono io la politica. Suona come una battuta. Eppure non vorrebbe, credo. Però, se sventoli un foglietto con un Iban e chiedi di mandare i soldi là, ora che ci vorrebbe ben altro, non fai politica, non sei la politica. Lasciala fare ai grandi giornali, alle associazioni umanitarie la raccolta dei fondi per aiutare le popolazioni colpite da calamità naturali. Tu devi fare altre cose. Sennò che ci vai a fare a Genova? Sei mica il papa.
L’incontro al Circo Massimo non è stato proprio quella gara delle bighe che Grillo sperava fosse. Ma già lui sembrava stanco. Forse, lo è davvero. Per carità, non è una cosa facile, tenersi sul groppone tutto st’ambaradam. A Bossi gli ha preso l’ictus e poi è finito nelle mani di badanti senza scrupoli.
Non è che pure Grillo ha avuto un ictus e non ce ne siamo accorti?

Nicotera, 14 ottobre 2014

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