Guerra agli ambulanti in nome del “vero”

Sul sito ufficiale del marchio – una costola del gruppo Tod’s dei Della Valle, scarpe per uomo, donna e bambino oltre a borse e capispalla –, dove si racconta la “filosofia” dei prodotti e la loro “storia”, all’anno 1997 si scrive: «Nasce “Interactive”, il best seller che rende Hogan icona dell’eleganza informale, rivoluzionando totalmente l’idea di sneaker».
Io non conosco i numeri e i bilanci dei Della Valle – magari sono online – però posso confermare che le Interactive della Hogan sono le sneaker più ambite: ieri la Guardia di finanza di Roma ha smantellato nel Napoletano un “distretto industriale del falso”, sequestrando centoventimila articoli taroccati, laboratori, sartorie e magazzini. Di quei centoventimila pezzi le Interactive ne costituivano una bella fetta. Vanno via a cinquanta euro, per strada e sulle spiagge, invece dei trecento che costano in negozio, ma pure trecentosettanta. E vanno via come il pane.
Il dizionario Merriam-Webster dell’Enciclopedia Britannica così declina alla voce sneaker: «a shoe with a rubber sole that is designed for people to wear while running, playing sports, etc.», una scarpa con la suola di gomma che è disegnata per essere indossata mentre corri, fai sport etc. Insomma, una scarpa da ginnastica. Però i Della Valle sono riusciti a costruirci sopra una “filosofia”, trasformando e modificando i dati reali in un immaginario. In un negozio importante di Roma ho visto delle infradito di Dolce&Gabbana a centoquaranta euro: erano di gomma, come le altre, colorate come le altre, si calzavano come le altre. Anche Stefano Gabbana e Domenico Dolce sono riusciti a trasformare «un tipo di ciabatte costituite da una suola, prevalentemente liscia e una stringa a forma di Y [vedi alla voce “infradito” della Treccani]» in un immaginario. Creatività? Non saprei dire, a me sembra più che altro – come dicono a Roma – una sòla. A rubber sole. Una sòla di gomma.
L’operazione della Guardia di finanza di ieri nel Napoletano si inquadra nella guerra agli ambulanti lanciata dal ministro Angelino Alfano. Alfano s’è messo l’elmetto presentando “Spiagge Sicure”, la direttiva con cui ha chiesto a prefetti e questori di rafforzare i controlli contro l’abusivismo: «dobbiamo radere al suolo la contraffazione». Potrebbe farsi prestare qualche drone dai nostri alleati americani, Alfano, distogliendoli magari per un attimo dall’Iraq, per radere al suolo gli ambulanti. Ci saranno effetti collaterali, presumo. «Questa operazione proseguirà per tutto l’anno a tutela del made in Italy». Voleva dire a tutela dei Della Valle e di Dolce&Gabbana.
In una calda estate proprio di trent’anni fa – c’era in corso una mostra celebrativa della nascita di Modigliani – nei fossi di Livorno furono ritrovate tre teste. La dragatura dei fossi era stata decisa dalla curatrice della mostra alla ricerca di quattro sculture gettate via dall’artista perché da lui stesso ritenute insoddisfacenti – forse una leggenda, forse una verità. L’incredulità della scoperta si accompagna alla gioia, e immediatamente i gran professoroni della critica dell’arte italiana certificano l’autenticità delle opere. Un boom mondiale, oh stiamo parlando di Modigliani. Si può capire lo scorno quando quattro giovanotti rivendicano di essere autori di una delle teste, di un “falso” cioè. La curatrice della mostra li sfida: riproducetela, allora. E quelli lo fanno, in televisione, con lo stesso trapano Black&Decker (tutta la storia fu sfruttata dal marchio, per farsi pubblicità commerciale) con cui avevano realizzato il primo falso. Rimangono altre due teste, però. E forse quelle sono proprio autentiche. Sennonché a questo punto salta fuori un giovane artista e rivendica di essere l’autore delle altre due sculture.
La percezione dell’autenticità, dell’attribuzione di vero e di scoperta del falso, da quel momento cambia completamente. O almeno dovrebbe.
La Guardia di finanza che è intervenuta ieri a Napoli aveva già individuato “la filiera produttiva” che si serviva di laboratori clandestini e di alcune sartorie artigianali per la produzione di capi taroccati, con marchi come Dolce&Gabbana, Alessandrini, Gucci, Fendi, Liu-jo, Louis Vuitton, Burberry, Armani e Hogan. Insomma, il top. Punto di forza dell’organizzazione – spiega la Guardia di finanza – era la disponibilità di manodopera super specializzata, formatasi in anni di lavoro, in grado di confezionare prodotti dalla qualità impeccabile, cui mancava soltanto la licenza della “casa madre” titolare dei diritti. Qui, cioè, non stiamo parlando di piccoli cinesi incatenati a macchine da cucire che producono prodotti da un euro. Non stiamo parlando dei bambini sfruttati dal capitalismo nell’Inghilterra dell’Ottocento raccontata da Marx. Non stiamo parlando dei bambini selezionati per la loro sensibilità e delicatezza nel tessere tappeti, in India o Cina. Stiamo parlando di operai super specializzati, di artigiani, e, se posso permettermi, di autentici artisti. Stiamo parlando di made in Italy.
Ora, qui nessuno vuole ergersi a baluardo dell’illegalità né tanto meno di quella filiera criminale che spesso sta dietro tutto l’ambaradam del falso. Non sempre è così, a volte parliamo di piccoli imprenditori immigrati che si servono, per vendere, di altri immigrati. Insomma, parliamo di forza lavoro che viene occupata e che produce reddito. Gli unici numeri che hanno il segno più in questo paese sono quelli relativi alla registrazione di nuove imprese che nascono dagli immigrati. Pagano le tasse, costoro.
Parliamo piuttosto di un altro fatto: nel mondo per un certo periodo le case discografiche che producevano cd musicali incitavano a chiudere tutti quei siti dove avveniva il download gratuito, e chiedevano gesti forti – non è facile intervenire su server allocati in posti curiosi come Aruba o Tonga o Tuvalu. Poi, hanno cominciato a abbassare i prezzi. Quello che è accaduto è che la gente si è rimessa a comprare le musiche pagando regolarmente una cifra minima. E permettendo di nuovo alle case discografiche di fare profitti. Nel frattempo, ha continuato a scaricare gratis quello che poteva.
Il falso non scaccia l’autentico. Serve solo a ridimensionarlo. A sverniciarlo delle falsità “filosofiche” e a ridargli credibilità.
Domani, ho deciso, comprerò le infradito Dolce&Gabbana. Sulla spiaggia, certo, false, certo. Cioè, uguali e bellissime.

Roma, 13 agosto 2014

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