Bisognerà aspettare ancora qualche giorno per avere i risultati completi delle elezioni europee nelle diverse nazioni. Ma già il primo e più importante dei dati è emerso con forza dove si è votato, in Olanda e Inghilterra, due nazioni, peraltro, dove la presenza degli euroscettici era data per vincente. Invece, Wilders in Olanda e Farage in Inghilterra hanno avuto un risultato deludente. Mentre, strepitoso è il non-voto: attorno al 65 per cento (in Inghilterra, peraltro, si votava anche per le amministrative, come da noi, con la ragionevole sensazione, come sempre è accaduto, che l’una cosa trascinasse l’altra).
Ora, vi diranno che alle europee in genere si vota di meno, però a memoria d’uomo non s’è mai vista una campagna elettorale per l’Europa di questa intensità, non s’è mai vista una mobilitazione nelle piazze di queste dimensioni, non s’è mai visto il peso “all’interno” che ciascuno dei contendenti ha voluto dare sin dall’inizio a questa campagna.
E, ammesso pure che in genere alle europee si voti poco – ma i dati storici del ministero degli Interni dicono che le cose non stiano esattamente così –, veniamo da una “serie” in cui l’astensionismo ha raggiunto cifre impressionanti: le elezioni regionali in Friuli, quelle in Sardegna e le comunali a Roma; uno su due degli elettori non è andato a votare.
Ora c’è un balzo in avanti: se si confermerà la tendenza europea, due su tre non vanno a votare. Siamo la maggioranza silenziosa.
Vi diranno che l’astensionismo è una malattia infantile, che è indifferenza, che negli Stati uniti è un fatto talmente patologico da essere normale abitudine. Però le cose non stanno così.
Persino Ilvo Diamanti dice che ormai il non voto è un voto, che forse, sì, una volta rappresentava indifferenza, ma oggi è una scelta politica. Una scelta cosciente, una espressione civile.
La crisi di legittimazione delle istituzioni europee è evidente: chiunque sarà il presidente della Commissione sarà stato votato da una percentuale minima di europei. E non è che la Grande intesa che faranno, socialdemocratici e popolari, sia più rappresentativa.
E visto che tutti, da Berlusconi a Grillo a Renzi, con l’ulteriore spinta di Napolitano, hanno voluto dare a queste elezioni un segno “nazionale”, se lunedì mattina, allo spoglio definitivo, l’astensionismo si confermerà il primo partito di gran lunga di maggioranza, io credo sarebbe il caso – prendo alla lettera le parole di Grillo – che se ne vadano tutti a casa.
Abbiamo avuto tre governi di fila (Monti, Letta e Renzi) imposti dall’alto. E a questo punto non ci interessa neppure più chiedere finalmente le elezioni. Eccole le elezioni, le abbiamo appena fatte. Assumetene le conseguenze. Andatavene. Tutti. E non ricominciate con la tiritera dello spread, abbiamo già visto questo film, se non siete capaci di inventarvi un’altra storia, state proprio alla frutta.
Oh, state tranquilli, la squadra di governo è pronta. Abbiamo competenze a iosa, più di Monti e della Fornero; sappiamo parlare le lingue, meglio di Letta; e siamo pure telegenici, più della Boschi.
Nicotera, 24 maggio 2014