Quest’anno saranno cinquant’anni che è morto Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista del Dopoguerra, il Migliore: era il 21 agosto 1964, a Jalta, Ucraina, dove stava passando le ferie. Quest’anno saranno anche trent’anni che è morto Enrico Berlinnguer, era l’11 giugno 1984, a Padova, durante un comizio.
L’anno scorso alle Lezioni di Storia, manifestazione ideata da Laterza, tenute alla Basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano, Paolo Mieli ha tenuto una sua lezione sull’arte dal titolo Intellettuali e Pci a partire da I funerali di Togliatti, il dipinto che Renato Guttuso dedicò a quell’evento. Mieli ha richiamato l’attenzione sull’importanza degli otto anni trascorsi dalla morte di Togliatti (1964) alla data del dipinto di Guttuso (1972) che coincide con l’ascesa di Enrico Berlinguer alla guida del Pci. «Fu un periodo cruciale che segnò la storia del comunismo internazionale. Il che rende molto interessante andare a verificare quali personaggi sono ritratti e quali invece non compaiono nel quadro di Guttuso. È significativo, a esempio, che ci sia Stalin e manchi Dubcek, protagonista della Primavera di Praga soffocata dai sovietici nel 1968». Per quello, c’è Lenin riproposto ben cinque volte.
E ci sono Berlinguer e Brezhnev, Trombadori e Luigi Longo e Nilde Jotti, Dolores Ibarruri, la pasionaria della guerra di Spagna, Pajetta, Bufalini, Amendola, Ingrao, Visconti. Gramsci. Pietro Secchia. E gli operai sulle impalcature che salutano a pugno chiuso in un mare di bandiere rosse e la faccia contadina di una donna vestita a lutto, dalla testa avvolta in un fazzoletto nero, come usava nelle campagne meridionali che tanto sangue avevano versato e che tanto aveva dipinto Guttuso. C’è anche Elio Vittorini, una sorprendente presenza: lo scrittore e organizzatore culturale guarda con occhio critico un Togliatti morto con cui da vivo ebbe grande polemica sul ruolo degli intellettuali, [«Non suonerò il piffero per la rivoluzione», l’uno; «Vittorini se n’è ghiuto, e soli ci ha lasciati», l’altro»]. Di Napolitano neppure l’ombra, figurarsi, contava quanto il due di coppe quando la briscola è a denari.
Non c’è Pasolini. Eppure, PPP, nel suo Uccellacci e uccellini aveva inserito le immagini del funerale del Migliore. Si vedevano sfilare e piangere facce del lavoro, visi del popolo, uomini e donne, e poi il feretro con il picchetto d’onore dei dirigenti. Nella liturgia comunista non c’era nulla lasciata al caso, così i primi due sono Longo e Amendola, le due anime del partito, e poi, dietro, Alicata, Ingrao, Pajetta, Macaluso, Scoccimarro, Terracini, Natta e in fondo il giovane Berlinguer.
Walter Veltroni, che è uomo di cinema e televisione, ha voluto fare un docufilm, come usa adesso, su Berlinguer – Quando c’era Berlinguer – e lo ha presentato, in anteprima, all’Auditorium di Roma il 20 marzo. Anche qui è partito il gioco del “chi c’è e chi non c’è nel film”. Achille Occhetto ha detto: «Il fatto che io non ci sia ha colpito anche me. Non manco soltanto io, manca tutta la generazione berlingueriana… sembra si sia passato direttamente da Berlinguer a Renzi e che in mezzo ci sia un vuoto. Ci vorrebbe un comitato di psichiatri per spiegare queste ricostruzioni».
Nel film di Veltroni mancano dei personaggi politici, ma alla prima all’Auditorium c’erano tutti ma proprio tutti. Sono intervenuti ministri e sottosegretari, Maurizio Lupi, Dario Franceschini, Federica Mogherini, Andrea Orlando, Giancarlo Poletti, Maria Elena Boschi, Graziano Delrio, Maria Carmela Lanzetta, Carlo Calenda, Lapo Pistelli, Nichi Vendola, Paolo Gentiloni e Pierluigi Bersani, Roberto Speranza, Scalfarotto e Zanda. E ancora, Marianna Madia, Giovanni Malagò, Cesare Romiti insieme a Renzo Arbore, Gigi Proietti e Claudia Gerini, Fabrizio Saccomanni e Isabella Ferrari con Luca Cordero di Montezemolo. Fedele Confalonieri, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, Giancarlo Leone e Paolo Ruffini, Francesco Rosi, Tornatore e Paolo Sorrentino, Camusso e Squinzi, tre Letta (Gianni, suo figlio Gianpaolo di Medusa ed Enrico), ex presidenti di Camera e Senato come Gianfranco Fini e compagna, Casini, Bertinotti e moglie, Franco Marini. Paolo Bonolis e Pippo Baudo. Stavolta Napolitano c’era. In sala. Grande ovazione.
Sulla serata, ha chiosato Lorenzo Cherubini, Jovanotti, presente: «La parola “comunista” in Italia la associo a quella correttezza, a quella faccia. a quelle parole, a quell’onestà, e quindi continua a essere nei miei ricordi una parola bella».
Di rosso, c’erano solo le poltroncine dell’Auditorium e qualche mise di signora.
Sipario.
Applausi. Festa.
Nicotera, 23 marzo 2014