Astensione alle amministrative di Roma

RR_5Alle ultime elezioni politiche ho sostenuto Grillo e il M5S, ho argomentato perché e credo di aver fatto la cosa giusta. Adesso per le elezioni amministrarive di Roma invece convintamente sostengo l’astensione.
Vorrei subito sgombrare il campo da una malizia. Con alcuni amici, sono stato il promotore, qualche anno fa, di una testata “la repubblica romana” [il primo numero: Sono loro la crisi, è del gennaio 2009; l’ultimo: Che c’hai un sercio?, del gennaio 2011] che riportava “scandalosamente” a sinistra una storia poco amata e poco compresa. Il giornale stampò qualche numero e ebbe una notevole diffusione in città [i materiali si possono ancora consultare su http://www.repubblicaromana.it ]. Ma non mi sento “scippato”, e quindi non reagisco di ripicca. Evidentemente, la Repubblica romana non è come la mamma, che ce n’è una sola. Certo, mi e ci avrebbe fatto piacere un garbato consultarci in merito, invece di una pasticciata richiesta per uso momentaneo dell’indirizzo web, ma, come dice un mio amico, queste cose succedono solo a sinistra.
Invece, per spiegare la mia astensione, dirò che a me queste amministrative di Roma sembrano tristemente “provinciali”, non si sia riusciti cioè a dare alla città quel peso che essa merita. A questo sicuramente contribuisce una certa “decadenza politica” di Roma, ma anche le candidature.
Quella di medici, che di questo parliamo, non è riuscita a “centrare” la questione. Per carità, il programma è dignitoso e la persona stessa indiscutibilmente per bene e ha dato buona prova come amministratore.
Ma lo snodo centrale delle questioni riguardanti l’eccedenza “politica” di Roma non mi pare sia nelle sue corde. E lo snodo centrale si chiama “sovranità” di Roma, cioè è la possibilità di configurare Roma come città autonoma, qualcosa che appunto eccede lo statuto di “capitale d’Italia”.
Il conflitto “pubblico” più evidente è proprio con la politica nazionale e con la sua “occupazione territoriale” del centro e di buone fette del territorio limitrofo al centro, con tutte le questioni concernenti. La “city politica” di Roma [per riprendere una definizione e una situazione che trova similitudini con il centro finanziario di Londra] è una ormai insopportabile escrescenza che sovraordina la città, la sua mobilità, la sua godibilità e fruibilità, il suo stesso governo.
Roma oggi avrebbe dovuto in un programma politico di “repubblica romana” mettere al primo posto e al cuore di un suo programma politico proprio questa questione [che concerne peraltro “l’altro” governo della città, quello vaticano]: la sua autonomia di governo, la sua sovranità territoriale.
Credo che questa contraddizione sia vissuta con simile intensità a Parigi, a Londra, a Berlino [che peraltro ha uno statuto quasi autonomo], a Madrid, a Bruxelles [li’ anzi con rapporto con la tecnocrazia e il potere continentale].
Eppure, di Europa dovremmo parlare, di una nuova Europa delle città, di territori comunque non più “nazionali”.
Medici, invece, mi pare si sia attestato su un programma “di sinistra”, con microfrazioni della sinistra radicale, quando, a mio parere, avrebbe potuto rivolgersi a un più ampio popolo. Repubblicano.
Questo non mi esime dal fargli tutti gli auguri del caso, ma appunto “la repubblica romana” è un’altra cosa.

18 maggio 2013

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