Spiaggiati come delfini sperduti sembrano, i grandi elettori del Pd. Nessuno ancora sa esattamente perché branchi di questi magnifici animali si perdano talvolta e vadano a morire sulle spiagge. Forse un falso segnale di qualche capobranco che ha letto male le correnti d’acque e il profilo costiero, oppure per quella strana malinconia, quella indefinibile stanchezza, quel male oscuro che prende talvolta gli animali [e gli uomini, pure] e danno fuori di testa, aggredendo come non te l’aspetti o lasciandosi andare. Le correnti hanno prevalso sull’istinto e la tecnica.
Gli esperti parlano di inquinamento e di tossicità dei mari, di mali prodotti dalle reti da pesca, ma qualsiasi possa essere la spiegazione razionale — e ve ne sarà di certo, gli esperti stanno lì per questo — un senso di inspiegabile sgomento e anche di estrema compassione ti afferra e ti stringe, fors’anche per quella tanta parte che ci accomuna nella notte dei tempi.
Ma lo spiaggiamento del Pd non è la crisi della Seconda repubblica, non è l’aborto della Terza repubblica e non segna il rimpianto per la Prima repubblica. Sembra qualcosa di più profondo, la crisi della Repubblica. Se Tangentopoli è stata la fine della Democrazia cristiana e di quell’idea di centrosinistra che insieme al Psi aveva “costruito” l’Italia del boom economico e del benessere, la crisi della finanza pubblica, del debito pubblico, dello Stato sistema, della “cosa pubblica” è crisi del Pd e del suo storico gruppo dirigente, non perché ne siano stati i peggiori profittatori, al contrario perché ne sono stati gli unici difensori a oltranza.
Lo spiaggiamento del Pd è lo spiaggiamento della Repubblica italiana, di quella “forma” della repubblica, del “pubblico”, che ha attraversato il dopoguerra e è arrivato sino ai nostri giorni, lo si può dire gongolando — non siamo tra questi — o con mestizia — neppure qui ci troverete —, ma questo è.
Napolitano ha supplito monarchicamente a questa fine. Appena si è scansato, è stato il diluvio. Siamo di nuovo ai “toscani”, agli “emiliani”, ai “siciliani”, ai “padani”. Ci sono pure “i turchi”, per non farci mancare niente.
Tanto varrebbe, per rabberciare un po’ le cose, dotarsi di un “re” davvero di sangue. In Olanda e Belgio, dico d’adesso eh, ha funzionato. So l’obiezione, si tratta di un’altra pasta. Ma ognuno fa il pane con la farina che si ritrova.
Nicotera, 20 aprile 2013