Niente lacrime per la Thatcher: fu un nemico stupido e crudele

margaret-thatcherChe mielosa ipocrisia in tante parole di commiato che si leggono ora che la Iron lady britannica è morta: «Fu importante, ha segnato la storia europea». Certo, come no, anche Hitler e Stalin l’hanno segnata, la storia europea, anche Gengis Khan e Nerone, e allora?
La Thatcher è stato un completo fallimento proprio riguardo quello che era il suo mandato: frenare il progressivo declino dell’industria e del ruolo della Gran Bretagna nel mondo. Sul primo non c’è controversia possibile: l’industria britannica è praticamente scomparsa, divorata dalle privatizzazioni e dalla vendita dei suoi asset più importanti e di marchi storici, e sostanzialmente è diventata una piazza finanziaria; che ha trovato il suo impulso maggiore, peraltro, non nella Thatcher stessa ma in Tony Blair che oggi candidamente confessa di essersi «ispirato molto» alle sue riforme, cioè all’aver inflitto gli ultimi colpi al welfare.
La Gran Bretagna è una nazione al collasso, tenuta in piedi da multimiliardari arabi e dai nuovi oligarchi russi che la comprano pezzo a pezzo per quello che per loro sono pochi spiccioli. Dopo la Thatcher, è definitivamente diventata una provincia dell’impero.
Sul ruolo della Gran Bretagna nel mondo non c’è granché da rilevare se non una subordinazione alle politiche americane e la diffidenza quando non l’ostilità nei confronti dell’Europa. A meno di non voler credere che il figlio Mark fosse ispirato dalla madre quando fu arrestato per aver tentato di organizzare un colpo di stato nella Guinea Equatoriale.
Questo è il lascito della Thatcher, che si ritrova ancora negli atteggiamenti, nelle politiche e nelle prospettive dell’attuale primo ministro Cameron.
La Thatcher fu un’accesa nazionalista, convinta che bisognasse tornare ai tempi di Dickens, quando probabilmente era vero quello che lei sosteneva, cioè che «non esiste la società, ma solo gli individui»; era ossessionata dalla lotta al comunismo, in questo condividendo l’ideologia dell’Impero del Male di Reagan, e quella del marito Denis che dopo un acceso dibattito televisivo si scagliò contro i produttori affermando che sua moglie era stata «incastrata dai fottuti culattoni e comunisti della BBC».
Nazionalismo e anticomunismo: lo si ritrovano nell’ostinazione contro lo sciopero dei minatori, che lasciò la Gran Bretagna a pezzi, nella crudeltà contro i prigionieri dell’Ira che morivano uno dietro l’altro in sciopero della fame, nell’ordine di affondare l’incrociatore Belgrano nelle acque delle Falklands Malvinas provocando centinaia di morti quando non era necessario e vitale [ripetendo in piccolo quello che fu fatto con le bombe di Hiroshima e Nagasaki, a guerra già vinta], nella poll tax, la più odiosa delle tasse che si potessero immaginare, nella visita cordiale a Pinochet.
Nazionalismo e anticomunismo: sono proprio le idee piccolo borghesi di una «figlia del droghiere», una visione piccina eppure radicata in fette di società. La tragedia è stata quella che queste fette di società hanno governato per più di dieci anni, influenzando l’Europa tutta.
La storia della Gran Bretagna e l’influenza esercitata dal pensiero politico inglese è molto più importante e luminosa di questa parentesi stupida e crudele.
Che per fortuna oggi si chiude definitivamente.

Nicotera, 8 aprile 2013

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