La partita politica del dopo elezioni di Bersani, che — ha ragione, il segretario del Pd — aveva tutta la legittimità per tirare il calcio d’inizio, è stata giocata male, a mio parere. Perché ha voluto mettere al riparo, o posticipare, quanto invece andava messo sul tavolo fin dall’inizio, cioè l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E considerare le elezioni dei presidenti di Camera e Senato come parte di questo pacchetto — ha ragione, Berlusconi. È proprio il governo, e la nomina del presidente del Consiglio, che andava invece posticipata, ovvero datata fino al momento di avere in carica un nuovo presidente della Repubblica. Io avrei svolto in questo modo la trattativa politica con Berlusconi e il PdL e con Grillo e il M5S.
Avremmo dovuto avere cioè, sulla base di una forte decisione e condivisione politica tra i tre partiti che hanno vinto le elezioni, una “doppia presidenza”, una in carica — ma è già uno yogurt scaduto —, un presidente emerito come papa Benedetto, e una pronta a subentrargli, ma anche già dotato di autorevolezza politica.
E avremmo, oggi — ha ragione Grillo —, un parlamento già operativo e pronto a legiferare, sulla base di proposte di legge che questo o quel partito avrebbe potuto presentare e far discutere e mettere ai voti.
È del tutto evidente che la “forza” politica di Napolitano è direttamente proporzionale alla debolezza politica dei partiti, lo era evidente con lo strappo consumato con l’elezione a senatore a vita di Monti, e la sua nomina a presidente tecnico del Consiglio. E che questa forza non si è incrinata nel risultato delle elezioni, anzi vista la frammentazione si è rafforzata.
Quindi, recuperare centralità alla politica significava anzitutto mettere in un angolo Napolitano, e l’unico modo di farlo era costruire un accordo su un nome, il prossimo presidente della repubblica.
Io peraltro un nome ce l’avrei, e è Emma Bonino, che credo avrebbe potuto intercettare i favori di una parte di ogni partito e anche le diffidenze di un’altra parte, ma questa sarebbe stato un elemento a vantaggio della soluzione politica, dell’impegno che ciascun capo di partito avrebbe dovuto mettere per convincere il proprio ceto amministrativo di riferimento [tanto per capirci, credo che Quagliarello e Gasparri sarebbero stati contrari, ma Berlusconi no; così come i “giovani turchi” sarebbero stati contrari, ma Bersani no; infine, sarebbe stato anche interessante vedere come si sarebbero schierati gli aderenti al M5S, che tante battaglie dei radicali si vanno intestando]. Non va bene la Bonino? Non importa, è solo un esempio, credo che di nomi se ne sarebbero potuti trovare, con esperienza istituzionale e autorevolezza, anche a livello non solo nazionale. Invece, stiamo qui.
Bersani, invece di subire questa iattura di un governo di Napolitano che dal giorno dopo le elezioni sta giocando una partita tutta sua, non potrebbe riaprire i giochi?
Non sarebbe proprio questa la strada che gli garantirebbe di formare un governo che cerca voti su proposte, essere presidente del Consiglio, dare forza alla legislatura?
Nicotera, 29 marzo 2013