Mi rivolgo — tra Camera e Senato — ai 44 parlamentari di SeL, ai 416 del Pd, ai 35 della Lega Nord, ai 197 del PdL, ai 58 di Scelta Civica [nonché agli 8 dell’UdC] e ai 163 del 5 stelle, a quelli di loro che entrano per la prima volta in parlamento e a quelli che sono già navigati. A qualcuno con più evidenza, a qualcun altro meno.
Come vi sarà ormai chiaro, non potete che considerare un vero miracolo — è davvero difficile trovare un’altra definizione — il fatto che siate state eletti. Ciascuno, in ciascuno schieramento, ricorda benissimo i momenti cruciali dei conteggi con i quali è incredibilmente scattato il seggio, sa benissimo i cento motivi che si sono incastrati in modo tale da produrre questo risultato; parlo del risultato personale, non di quello elettorale e politico che invece appartengono ai movimenti di opinione e alle dinamiche sociali, che possono essere letti, interpretati, argomentati. Niente e nessuno potrà mai garantirvi che questo miracolo si possa ripetere, un po’ per via delle statistiche dell’esperienza miracolosa, che se non fosse una tantum diventerebbe appunto probabilistica invece che oltremondana, un po’ perché è nelle umane cose. A un eventuale prossimo giro molti appetiti aspettano il loro turno con forchetta e coltello, molti incastri non si verificheranno, molte traiettorie sarebbero diverse. Godetevelo quindi, questo risultato. Guadagnatevelo, pure.
Aleggia la tentazione di un nuovo voto, chi calcola possa accadere a giugno, chi più probabilmente a ottobre. Insomma, nessuno arriverebbe a mangiare il panettone a natale, e più probabilmente finirebbe col fare il tacchino del pranzo di famiglia [le espressioni vengono dal lessico di palazzo, le sentirete presto].
Qui nessuno vi chiede di fare come Razzi, nella precedente legislatura, i «cazzi propri». Al contrario, mai come in questo momento il vostro interesse personale — non fate i modesti, se vi siete presentati ci tenevate, non è che ve l’abbia ordinato il medico, era «per spirito di servizio, per il bene del paese», no? — coincide davvero con l’interesse collettivo: siamo stremati, dico noi elettori, stremati da primarie, parlamentarie, campagne virtuali, spettacoli di piazza, selezioni privatissime con pacchetti garantiti e selezioni con clic online. Ne abbiamo, lo dico con eleganza, le palle piene.
Vorremmo, noi elettori, che si facesse un qualche governo. Il paragone con la Grecia, che qualcuno adombra spesso, è leggermente improprio: lì non c’erano, al primo giro, i numeri per fare un qualsiasi governo, qui invece un qualsiasi governo è possibile, i numeri ci sarebbero.
Potrebbe venirne fuori un ircocervo o un ornitorinco — l’uno e l’altro sono animali molto cari all’intelligenza della sinistra — o un qualche altro animale mitologico o di bizzarra morfologia. A noi non importa molto: certo, c’è chi ci sputerà sopra, chi si traccerà le vesti, chi brucerà una propria tessera o cancellerà il proprio indirizzo e–mail da qualche e–group. Succede sempre però, siamo sempre un po’ scontenti, noi elettori, mettetelo in conto, non date troppo peso alla cosa.
Amici peones — sia detto con tenerezza, siamo tutti peones, altro che caballeros — resistete. Costruite una diga insormontabile a quelle astruse volontà, a quei calcoli orribili che nelle segrete stanze del palazzo si va facendo strada: non fatevi suicidare. E, soprattutto, risparmiateci questo penoso spettacolo delle schede bianche.
Votate, votate, votate.
Votate voi, che noi abbiamo già dato.
Nicotera, 15 marzo 2013