In quarantotto ore la natura del governo Monti — liberalizzatore contro ogni lobby e rendita di posizione, per il mercato contro l’invadenza del settore pubblico, in stretta sintonia internazionale con la Germania e gli Stati uniti — si è completamente rovesciata. Parlo delle due più clamorose decisioni, ovvero il voto all’Onu per il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore e del decreto legge sull’Ilva che riapre la produzione in fabbrica e arriva a adontare l’esproprio proletario della proprietà. Non discuto del merito delle due prese di posizione — dirò, anzi, subito che concordo sul merito ma anche che la qualità delle decisioni non possono zittire sulla sostanza della forma, siamo qui per cercare sempre il pelo nell’uovo —, ma certamente esse non possono non creare sconcerto, sulla base delle premesse. Per quanto riguarda il voto per la Palestina, una decisione estremamente delicata, visto soprattutto il carattere transitorio di questo governo tecnico e da sempre legato a un mandato “economicista”, ci si sarebbe potuto aspettare una astensione, che non era un rifiuto ma era più legata ai limiti della propria rappresentanza popolare. Così, peraltro, io credo consigliasse tutto lo staff del ministero degli Esteri, a cominciare dal suo “capo tecnico”, il ministro Terzi. Invece.
Invece, Monti ha voluto votare diversamente dalla Merkel e dalla Clinton, ovvero il quadro di riferimento internazionale dell’Italia, agganciandosi a Hollande [francese è anche il carattere “nazionalista” della decisione sull’Ilva]. C’è qualcuno che possa credere che questo voto di Monti nasca da un profondo convincimento dell’algido professore verso i diritti di Gaza e di Abu Mazen, verso l’importanza di isolare gli estremismi di Hamas, di intervenire nell’annosa e complessa situazione del Medio Oriente? E da quando il professor Monti è così ferrato su questa materia, come si sente ferrato in economia? A me sembra piuttosto che Monti, con un voto “a rischio internazionale” per il proprio governo — che nasce dalla volontà della Merkel, che in genere, vedi la Libia, tende a tenere fuori la Germania dai grovigli internazionali, e dalla non–ostilità degli Usa — abbia voluto piuttosto prepararsi a succedere a se stesso, in accordo con Napolitano, e, stante la situazione attuale, con il Pd, come leva e asse di una coalizione più ampia. Con chi, della “strana maggioranza” che regge il suo governo ha parlato Monti, decidendo il voto dell’Italia? E se non ne ha parlato con nessuno — con nessun altro a parte Bersani, che se ne è intestato il merito —, né con Alfano né con Casini, non è una cosa fuori dell’ordinario? Fuori dal suo mandato? Illegittima?
La questione dell’Ilva è ancora più clamorosa: una vera e propria presa di posizione “socialista” in cui l’interesse dello Stato — la manifattura, la difesa della produzione italiana, l’indotto, i numeri di disoccupazione, argomenti tutti che hanno fatto parte a livello internazionale della discussione e del confronto e dello scontro tra posizioni dall’accentuarsi della crisi e dai primi salvataggi delle banche — prevale su qualsiasi altra considerazione. Aprendo peraltro la possibilità di un contenzioso enorme, di un “precedente giurisprudenziale” a cui potranno appigliarsi — e aggiungo qui, bene faranno — tutte le situazioni di crisi e cassintegrazione dell’economia “reale”, come piace dire a molti, a partire dalla Fiat per arrivare all’Alcoa. L’intervento statalista di Monti e del suo scudiero “tecnico” Clini è quanto di più lontano dalle premesse e dalle promesse quintessenziali al suo governo. C’era una urgenza, certo, e qualcosa andava fatto. Ma la clausola “espropriatrice” con questo surplus di populismo dirigista è davvero un colpo di teatro, che il ministro Passera, uno dei più frenetici nel prepararsi a un nuovo governo, con ruoli che sfumano dalla leadership a un dicastero centrale, è stato lesto a intestarsi. Con ossequi della sinistra, per quel po’ di attenzione che le rimane dalle primarie.
Nell’un caso e nell’altro c’è un “eccesso di zelo” di sterzata a sinistra o, se volete, di allontanamento dalla destra, prese di posizione da Fiom e sinistra radicale e clericalismo anti–sionista: e da un uomo così attento al proprio percorso — uno che finora ha sempre cavalcato le battaglie che sapeva di poter vincere — non è poi stupefacente.
Siamo già in un nuovo governo, senza aspettare le elezioni? Sarà questa la forma del nuovo governo: Monti premier e Bersani vicepremier [con Casini in qualche casella]? Le primarie hanno già sostituito le prossime elezioni?
Nicotera, 2 dicembre 2012