La prima: l’antiberlusonismo è sepolto. Le parole di Di Pietro sulla fine dell’esperienza dell’IdV, il suo stesso smarcarsi da questa creatura, i frammenti [e Donadi e Barbato e] che ne fuoriescono alla ricerca di altre identità e altre sponde, sono la presa d’atto – trasversalmente, certo, perché lo si addebita al complotto mediatico o all’autoritarismo del molisano – che un ciclo politico fondato sull’opposizione intransigente a Berlusconi e a ogni mediazione possibile è ormai morto [il che, come ripetiamo da ormai un anno, non significa che lo sia anche Berlusconi]. Che ne prenda atto la persona che più d’altri lo ha incarnato è un segno importante dei rivolgimenti in atto.
La seconda: Vendola, dopo avere a lungo traccheggiato – fino a adontare la possibilità di non parteciparvi, anche e comprensibilmente un po’ sotto pressione per via dell’incombente sentenza –, ha sterzato decisamente, o esprime con maggiore nettezza quanto era più in chiaroscuro, e imposta la sua “campagna di novembre” contro il centrismo e il moderatismo democristiano, ovvero l’appoggio acritico alle misure di Monti. Non importa se questa è l’unica scelta possibile per non finire stritolato tra Bersani e Renzi, quello che conta è la visibilità e la chiarezza di questa posizione, senza sfumature e “narrazioni”.
La terza: Grillo esprime un endorsement per Di Pietro come prossimo presidente della Repubblica. Può essere una polpetta avvelenata, può essere solo uno strascico dell’anti-napolitanismo a tutti i costi, però dalle cose che scrive sul suo blog lo fa riconoscendo l’ostinata – e quasi unica – opposizione parlamentare di Di Pietro contro lo “psico-nano”. Nel momento in cui sembra sia diventato lo sport nazionale tirare pietre contro il molisano, Grillo va controcorrente e con una buona motivazione. Che magari gli serva a rastrellare voti, non toglie nulla alla dichiarazione. Dichiarazione che in un certo senso fa il paio con l’intervista rilasciata da Maurizio Zipponi, che non è proprio l’ultimo degli arrivati dentro l’IdV di Di Pietro, a Pubblico, in cui oltre a indicare un’apertura verso realtà più consone alla sua storia di sindacalista che si batte per le questioni del lavoro [la Fiom, Alba, per dire], lascia intravedere delle occasioni di confronto anche con Grillo.
Queste tre buone notizie – diciamo, poco conformiste – messe assieme non significano assolutamente nulla sul piano politico immediato, e tracciarvi delle coordinate sarebbe sciocco più che prematuro. Però, a me sembra che nell’entropia della politica e dei partiti sia interessante seguirle, di sicuro più che quell’aggregazione gassosa che va sotto il nome di patto tra moderati e progressisti.
Nicotera, 2 novembre 2012