Io penso questo, il “montismo” – ovvero il commissariamento del paese – sta tecnicamente funzionando: i partiti l’hanno digerito, le istituzioni lo supportano, i media lo sorreggono. Ci sono mille ragioni perché questo accada – e la crisi della rappresentanza, e il ruolo interventista di supplenza assunto dalla presidenza della Repubblica –, e non è qui il caso di elencarle e darne conto, bisogna prendere atto che accade. Dal punto di vista sociale, è pure passato: le “riforme” si fanno e non incontrano resistenza sociale, nessun tumulto, nessuno sciopero, nessun pomodoro. Anche qui, ci sono mille ragioni perché questo accada – e la paura sociale e margini di sopravvivenza –, e non è qui il caso di elencarle e darne conto, bisogna prendere atto che accade. Monti ha fatto cose – e le pensioni e il lavoro – in un tempo ridotto che nessun governo aveva mai fatto prima.
Dove proprio il montismo non funziona è in economia, che poi dovrebbe essere l’unico motivo per cui Monti sta lì. Il montismo è, dal punto di vista della salvezza economica del paese e di una ripresa della produzione, dei consumi, delle esportazioni, un disastro assoluto. Credo che molto, quasi tutto, dipenda proprio da Monti, che se a ridurre il volume del debito pubblico basta un amministratore di condominio – e i tagli alla spesa e l’aumento delle tasse –, a immaginare una ripresa dell’economia ci vuole ben altro. Monti è un grigio amministrativo d’Europa messo lì a svolgere i compiti che Bruxelles gli ha affidato.
Le cose perciò stanno così: il montismo funziona, Monti no. E siccome le condizioni del montismo non sono certo tramontate – e la crisi della rappresentanza e la crisi economica – ci si può lasciar andare a immaginare un cambio di passo con un uomo diverso sul ponte di comando.
Il presupposto perché questo accada è che la casta dei partiti, ovvero: il Pdl, il Pd e l’Udc, prenda una sonora batosta alle prossime elezioni politiche. Cioè che lo scollamento tra partiti e società benché non si manifesti in una rottura mantenga almeno questo aspetto di disillusione e distanza, di protesta e rabbia. Se il Pdl, l’Udc e il Pd tutti insieme non raggiungono neppure la maggioranza – e a me non sembra del tutto un ragionamento fantastico – si aprono scenari interessanti.
Se la maggioranza dei voti si spostasse verso liste di protesta assorbendo anche una parte consistente dell’astensionismo, verso il Movimento 5 stelle di Grillo, verso l’Idv di Di Pietro, verso la Lega di Maroni – che sta facendo davvero pulizia dentro il suo partito e vedremo se questo pagherà –, e magari altre liste, allora la situazione è insolita ma interessante.
È immaginabile un governo con Di Pietro, Grillo e Maroni? E perché no? Cos’ha Di Pietro meno di Bersani o Maroni meno di Casini o Grillo meno di Alfano? Perché non potrebbero governare il paese? Un pastrocchio? Invece quello di Bersani con Alfano cos’è, una cosa seria?
Mancherebbe il programma politico, direste voi. Una vera alternativa, direste voi. Qualcuno ha letto il “radicale” programma di Stefano Fassina, consigliere economico di Bersani? Ecco, leggetelo: dove non segue già Monti è solo un riferimento alle cose che dici Draghi perché un giorno – un giorno! – si possano avverare – e la Bce che diventa la Fed, e la Germania che diventa più europea ecc ecc –, nelle more però andiamo avanti più o meno così. E invece il programma politico alternativo c’è già, almeno per quel che riguarda l’economia, che poi dovrebbe essere il motivo centrale di questo altro governo di emergenza: basta fare proprio il contrario di quello che ha fatto e pensa di fare Monti. Sul piano sociale, sul piano degli investimenti, sul piano del lavoro e dell’occupazione, sul supporto alle imprese, sulle tasse, sul credito, sulle banche.
Il primo passo potrebbe essere la patrimoniale, sopra una certa soglia e se ci rimangono ancora patrimoni da tassare visto che presto se ne andranno tutti all’estero. E io credo che su questo punto Di Pietro, Grillo e Maroni siano assolutamente concordi. Il secondo passo potrebbero essere le banche, e anche su questo punto ci sarebbe accordo. Volete che vi elenchi una serie di possibili altri punti in comune, a esempio una certa devoluzione di poteri centrali?
Credo anche, per chiudere questo ragionamento, che ci voglia un uomo all’altezza del compito, che abbia autorevolezza in Europa e nel mondo e non sia uno yes man dei poteri di Bruxelles. Secondo me quest’uomo è Tremonti, il nuovo Tremonti [ma c’è una parte di quello “vecchio” che è mica da buttare: non è stato lui per primo a proporre gli eurobond che ora vanno come il toccasana di ogni male?], quello che esce dalla sconfitta personale e politica nello scontro con il potere dei berluscones e che, vuoi per ripicca vuoi per arroganza vuoi perché cerca un posto al sole in una partita che è ancora tutta da fare, va dicendo ultimamente cose molto più sagge e interessanti di quando predicava Dio, patria e famiglia e faceva rodere il culo a Berlusconi che temeva si stesse preparando a tirargli via lo scendiletto da un giorno all’altro.
Sorreggerebbero Di Pietro, Grillo e Maroni uno come Tremonti, quello vecchio e quello nuovo? Sarebbe una sorta di “milazzismo nazionale” [invece che siciliano]? E allora? Io non ho niente contro il milazzismo.
Se si accordassero su un programma – post-elettorale, certo – perché no? Dovrebbero svolgere il ruolo che adesso svolgono i tre della casta – non tutto potrebbero mandare giù volentieri, parecchie cose potrebbero proporle, ma sulla “linea guida” si troverebbero concordi – e potrebbero sempre fare un passo indietro e finirla con sti governi dell’emergenza. Avrebbero in mano un pezzo del “potere” e mostrare se sono solo dei protestatari o anche delle persone cui affidare i governi prossimi venturi.
Tremonti – benché la sua proverbiale arroganza e il protagonismo possano fare velo all’intelligenza – da parte sua garantirebbe competenza, riconoscibilità, e una buona dose di desiderio di rivincita: su Draghi, per dire, ma anche sulla Merkel, su Juncker, su Monti, su Berlusconi ecc ecc. Sull’Europa. E l’uomo è così, o ha asticelle alte o non salta.
Lo so, lo so, è tornato il fantacalcio e perciò è tempo di fantapolitica. Però.
Nicotera, 22 agosto 2012