Tutti i bookmaker davano la Germania vincente. Tutte le agenzie del ranking internazionale – che funzionano un po’ come Moody’s e Fitch e Standard & Poor’s, le agenzie di rating che danno i voti alle nazioni e alla loro sostenibilità di debito – hanno continuato fino a ieri l’altro a relegare l’Italia tra il 18° e il 22° posto: avevamo superato il girone e eravamo ai quarti, sì, però; eravamo in semifinale, sì, però. Bene. Si sono sbagliati tutti. Si sbagliano tutti, quando mettono solo in fila le loro fredde cifre: si sono sbagliati con l’economia – nessuno prevedeva la crisi e nessuno riesce a mettere in campo una qualche proposta credibile – e si sono sbagliati con il calcio. Le previsioni della razionalità matematica – è presumibile che esse siano fatte sulla base di dati che vengono elaborati attraverso degli algoritmi, che so, i gol segnati, il possesso palla, i minuti giocati, le reti subite, le partite vinte ecc ecc – si sono infrante contro la fame. La fame di gol di Mario Balotelli, la fame di mostrare al mondo di che pasta si è fatti, la fame di chi ha sempre avuto tutti contro e ogni giorno deve superare un esame sotto l’occhiuta vigilanza dei critici e dei catoni e dei censori, una trojka che neppure il Fondo monetario, la Ue e la Banca centrale europea. Nessuno vuole Balotelli, tutti si pentono di averci provato, finisce sempre con il litigare con i compagni di squadra, sfascia le automobili che si compra, tira tardi fino all’alba, è un disastro. Eppure, Mario Balotelli dopo il gol, dopo l’esplosione della furia, va a abbracciare la mamma, che nessun tedesco farebbe una scena così. Così italiana. Perché Balotelli è la nuova Italia, e solo quell’immensa sciocchezza, quell’orrore che è stata la xenofobia leghista in quel meraviglioso pezzo d’Italia dove Mario è nato e cresciuto poteva prenderne le distanze, dargli addosso. È il riscatto del talento, dell’estro, del genio, della forza della natura, italiani. Italiani. Perché Mario Balotelli ha la maglia azzurra, si cinge del tricolore, canta l’inno. Saremo pure arrivati con ritardo, rispetto i francesi e i tedeschi, però ora guardateci che splendore siamo. Marameo. Solo un pazzo altrettale, con quell’aria così sfrontata e illegale – di chi avrebbe potuto rubare i motorini da ragazzo o finire in una qualche Gomorra da adulto – come Cassano poteva prendere per mano Balotelli e portarlo in alto, riscattando anche se stesso, le sue cassanate d’un tempo, ora che ha moglie e figlia e se le porta dietro, perché ora si è adulti, ora che c’è una bimba di mezzo e si è diventati seri, una cosa così meridionale che di più non si può. Però, questa è la nuova Italia, unita dal sud al nord, un ex ragazzo della Bari vecchia e un nero di Brescia che fa King Kong in campo dopo il gol perché così l’hanno definito i giornali e poi va a baciarselo: e noi urliamo e piangiamo, noi italiani che amiamo questa nostra bistrattata e meravigliosa gente. E fanculo la retorica.
L’Italia ha battuto la Germania, e chi vuol dirmi che questa è stata solo una partita di calcio non sa evidentemente di cosa sta parlando. Nello sport si riverbera sempre tutta la storia di un’epoca. Si riverbera la narrazione di ogni tempo. Lo sanno bene gli scrittori americani che inseguendo il Grande Romanzo Americano del novecento sempre lì sono andati a pescare, la boxe e il baseball. Questi Europei, arrivati nel pieno di una crisi e di una recessione che stanno mettendo a dura prova l’idea stessa di Europa, sono iniziati nel segno della paura e del timore. Sul campo, dico. Pure fuori dal campo, dico. Squadre per lo più attente alla difesa, catenacciare, con barricate davanti la propria porta a non prendere gol. Solo la Germania, che ha viaggiato a punteggio pieno, sembrava dispiegare un gioco aggressivo, più sicura della propria freschezza – ha la nazionale con la media di età più bassa – e dei propri rendimenti. Aveva la tripla AAA, la Mannschaft tedesca. Persino la Spagna, con quel loro tiqui-taca, sembrava più attenta a non prenderle: roba da downgrade. Per questo ha perso la Grecia, che pure giocava come nel 2004, e aveva sorpreso tutti allora, e pensava di poter ripetere quella formula di gioco: perché tutte le squadre giocavano questi Europei come loro.
Insomma, fino a ieri sera, sul campo sembrava essere passata quell’idea d’Europa che ha la Germania: voi state attenti alla difesa e al rigore e al pareggio, che a produrre gioco ci pensiamo noi. Finché è arrivato Balotelli a mandare tutto all’aria. Che aspettiamo a scendere in piazza, a manifestare, a lottare, a segnare come Mario?
A fare pure noi King Kong in mezzo alle strade?
Nicotera, 29 giugno 2012
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