Gli europei del default

Questi potrebbero essere gli ultimi campionati europei di calcio che si giocano sotto l’egida di una moneta unica; la prossima volta, è possibile che il Portogallo sarà tornato all’escudo, la Grecia alla dracma, l’Italia alla lira e la Germania al marco. È possibile. Gli Europei ci saranno lo stesso, gli Europei ci saranno sempre, come l’Europa, ma le circostanze storiche e economiche mutano. Per intanto, questi sono gli Europei dei Pigs – Portogallo, Italia, Grecia e Spagna –, l’acronimo con cui vengono indicati generalmente – ci siamo persi per strada l’Irlanda, fatta fuori per mano nostra – i paesi europei a rischio di insolvenza o default. Però, le squadre dei Pigs sono passate ai quarti di finale, tutte meritatamente, non esaltando per il gioco ma assolutamente convincenti per tattica e determinazione. Come a dire, quando ci si mettono, quando le contingenze lo richiedono, quando l’obiettivo è chiaro, le cicale mediterranee sanno fare bene anche il mestiere della formica; mentre vale sempre il detto di Rosa Luxemburg in memoria di Lenin, e contro il rinnegato tedesco Kautsky che aveva votato per i crediti di guerra cioè per l’appoggio dei socialisti alla guerra, che «le aquile sanno anche volare basso come le galline, ma le galline non voleranno mai alte come le aquile». E così, paesi assolutamente virtuosi – anche se pur’essi cominciano a essere lambiti dalla crisi – come l’Olanda, la Svezia, la Danimarca se ne sono tornati a casa, impaniati in una linearità fine a se stessa e incapace di scarti, di salti in avanti, bravi a convincere solo quando non serve più assolutamente a nulla: vedi la strepitosa partita di Ibrahimovic quando ormai la Svezia era fuori. Un virtuosismo fine a se stesso. E pure il nostro pezzo di Bric impetuosamente in sviluppo, la Russia, è andato a casa.
La Grecia incontra la Germania, che intanto è l’unica squadra a punteggio pieno, con un bilancio che più in attivo non si può, e la partita si carica di metafore dell’attualità: la Grecia è arrivata agli Europei come poco più che una cenerentola, e di sicuro questa sottovalutazione era figlia del generale sport alla colpevolizzazione dei greci che vige ormai in Europa. Ma la Grecia aveva già sorpreso tutti otto anni fa, vincendo gli Europei, e è innegabile che i calciatori ellenici si sentano investiti di un ruolo nei confronti del proprio paese. Semmai, ha sorpreso tutti l’allenatore, il portoghese Santos, con le sue dichiarazioni di fierezza greca, mandando in delirio Atene e tutto il Peloponneso e pure le isole. Però, vedete, nella squadra greca è già al lavoro una cooperazione mediterranea. Quella che sarebbe dovuta esserci, trovando una sola voce, una sola piattaforma, e che invece i leader politici, meschinamente, non sono stati in grado di produrre. È passata anche la Francia, senza grandeur ma – qui più che una metafora sembra proprio un’analisi dettagliata – a stento, come insomma pare diventato il paese senza volersene convincere e continuando a fare chicchirichì.
La Germania colpisce per la sua squadra multirazziale, ma pure i francesi non scherzano, e neppure noi: e non penso a quel matto di Balotelli, ma al ragazzo della Bari vecchia, che da solo vale più multirazzialità di squadra si sia in grado di immaginare. Questi nostri Europei sono finora sotto il segno di Cassano, che fa assist, corre senza palla finché ha benzina, va a contrastare, e segna, di testa pure, che già di suo è come un miracolo di San Nicola. Cassano è diventato uomo-squadra, fa anche spogliatoio, gli hanno affidato di tenere a cura Balotelli, e già la cosa farebbe ridere di suo, se invece non diventasse anch’essa proprio una proposta politica, perché per tenere a bada un matto e accompagnarlo per le strade della vita o le linee di un campo non può che volerci un altro matto, e non un manicomio o una caserma: era questa la proposta di Basaglia, no?
Così, godiamoci questi quarti di finale e pure le semifinali e la finale e il resto. Il resto soprattutto, perché il calcio è questa roba qua, non solo ventidue giovanotti che corrono in mutande dietro una palla, ma tutto il resto che uno ci può leggere dentro.
Messina, 21 giugno 2012

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