La prima bomba è l’articolo di Scalfari – Piazza Fontana, il film che racconta quarant’anni di misteri italiani – in cui si dà conto della pellicola di Giordana. L’articolo è decisamente contro Sofri, che è un collaboratore di primo piano del quotidiano. E questa è una notizia. È vero che Sofri ha scelto il blog di suo figlio Luca e il Foglio di Ferrara per parlare di questo film, con garbo evitando di mettere in mezzo la Repubblica. Però, insomma, Scalfari non si tiene, questo è l’uomo. Così, sposa in pieno il film e la tesi che ci sta dietro. Sentite: «Al centro della storia la morte di Giuseppe Pinelli, anarchico ma non violento, caduto (o gettato) da una finestra della Questura milanese in via Fatebenefratelli qualche giorno dopo la bomba (o le bombe) di piazza Fontana». Con due parentesi (o gettato) e (le bombe) Scalfari conquista il centro dello schieramento di opinioni: una parentesi a sinistra e una a destra. Proprio come forse Pinelli fu gettato (Calabresi, va da sé, non c’era, come se questo ne esentasse la responsabilità), le bombe forse furono due. Che è esattamente la tesi di Cucchiarelli, al cui libro il film è liberamente ispirato, e quindi due valigette, due attentatori, due di tutto, contro cui Sofri si è scagliato immediatamente: il Raddoppio Universale.
Non bastasse: «Ero a Milano in via Larga in compagnia di Umberto Eco quando fu ucciso il poliziotto Annarumma. La sera di quel giorno ero nell’aula magna dell’Università Statale dove si svolse una gremita e appassionata assemblea del movimento studentesco. Capanna e Cafiero che lo guidavano resero onore al poliziotto caduto e tutti si alzarono in piedi e stettero silenziosi e piangenti per molti minuti». Qui, siamo proprio alla provocazione. Se vuoi fare imbufalire uno di Lotta continua basta che gli parli bene di Capanna, quelli del Movimento studentesco sì, che erano bravi e rigorosi. Anche perché in generale nel corso degli anni Settanta il confronto fra quelli di Capanna e Cafiero e quelli di Lotta continua a Milano fu a base di chiavi inglesi. Ma, di più, citare Annarumma, la cui morte avvenne durante scontri che il quotidiano di Lotta continua esaltò – pubblicando la foto di alcuni manifestanti che con un palo si avventano su una camionetta, e la morte di Annarumma fu addebitata proprio all’aver incidentalmente colpito un palo carosellando con la sua camionetta – è davvero un colpo basso.
Però, Scalfari può dire ciò che vuole, lui c’era. Non solo, ma ha sostanzialmente salvato la Repubblica (quella italiana) da direttore dell’Espresso rivelando il piano Solo, e da direttore della Repubblica (quella di De Benedetti) con la fermezza durante il caso Moro.
Onusto di tante medaglie, snocciola la sua teoria. La strategia della tensione è «una figura geometrica, un triangolo retto, due cateti e un’ipotenusa che li unisce. La destra estrema, la sinistra estrema, lo Stato deviato: questi sono stati i punti essenziali di quel triangolo che ha impestato il Paese per mezzo secolo».
Questa sarebbe la storia: la geometrica potenza degli opposti estremismi alimentata da una forza (la mafia, la P2, la Cia, il Mossad, il Kgb) che condanna l’Italia a una perenne fragilità. Insomma, una banalità, ancorché complessa.
Ora, in realtà, Scalfari non sembra neppure avercela tanto con quelli di Lotta continua, ma con Ezio Mauro, il direttore del suo quotidiano, che invece ha sposato per intero le parole di Sofri, e di bombe ce ne fu solo una, non due.
E questa è la seconda bomba: Scalfari contro Mauro. E qui piazza Fontana c’entra poco: dentro Repubblica si agitano le acque di una difficoltà crescente nei confronti del governo Monti, unto proprio dal quotidiano di Mauro e Scalfari, come dal Corriere della Sera e dal Sole 24ore (due cateti e un’ipotenusa), ma cui ci si sta progressivamente disaffezionando. Non tutta la redazione, certo. Così, accade che accanto a titoli e articoli che esaltano le virtù terapeutiche del governo ne compaiano altri che ne mostrano l’assoluta subordinazione a disastrose teorie rigoriste o peggio ancora al potere di veto di partiti e lobby. Dall’incoraggiamento a fare di più, si va passando alla disillusione. Tale è lo smarrimento che spesso le due posizioni stanno negli stessi articoli (accade con Massimo Giannini). Così, è anche difficile dire, a volte sembra il contrario, se Scalfari stia ora contro Monti e Mauro invece vi sia più abbarbicato, ma all’incirca è proprio così. Repubblica sta pagando l’accecamento del suo antiberlusconismo, che era la ragione del suo fanatico entusiasmo iniziale verso Monti, scoprendo che il montismo è la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi.
Però, che Repubblica vada perdendo le sue granitiche certezze e stia perdendo la testa (anzi due) è una bomba.
Nicotera, 4 aprile 2012