L’azienda svizzera Labo Europa ha ritirato dal mercato la Crescina, dopo una diffida dalla prosecuzione alla vendita inviata dal ministero della Salute a seguito di un’inchiesta aperta dalla procura di Torino. Il marchio Crescina è diventato famoso in Italia grazie a diverse campagne pubblicitarie, con protagonisti d’eccezione come l’ex calciatore dell’Inter Ronaldo – chi non avrebbe scommesso su un ritocchino fatto con Photoshop a una sua immagine zazzeruta? Secondo le analisi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità, «non vi è alcuna evidenza scientifica di un’attività del prodotto per far ricrescere i capelli» e inoltre «la molecola innovativa non appare credibile dal punto di vista chimico».
Ora, la crescita del governo Monti, sempre evocata, sempre rinviata, ma di cui si vanno oggi «ponendo le basi», attraverso le liberalizzazioni del mercato del lavoro e dei servizi comuni, assomiglia tanto alla Crescina. Come questa, le liberalizzazioni dovrebbero farci crescere i capelli, un domani. Mica subito, certo; poniamo: dal 2017. Non c’è alcuna evidenza scientifica di questo, ma una fede assoluta. Nella teoria accademica, peraltro, ché dove queste ricette economiche si sono applicate hanno solo portato disastri [la Germania, che andrebbe studiata e non solo evocata, non è il regno delle liberalizzazioni, e il modello tedesco è la storia di duecento anni di governance del capitalismo, passando da Bismarck al nazionalsocialismo sino al compromesso tra cattolici e socialdemocratici]. E non bisogna neanche andare tanto lontano – l’Argentina, il Giappone, la Russia nello spazio o nel tempo –, basta guardare vicino vicino, alla Grecia. La crescita è diventata un argomento da baraccone, da fiera, da selvaggio West, dove imbonitori un po’ stravaganti con l’aria dei tecnici vendevano un miracoloso intruglio che garantiva il ritorno dei capelli. I sondaggi continuano a dare un governo in assoluta maggioranza tra i cittadini. Di che stupirsi? Se avessero fatto un sondaggio tra i calvi – e calvi un po’ siamo diventati tutti, chi per lo stress chi perché se li strappa proprio i capelli non sapendo dove sbattere la testa –, ci sarebbe stata una maggioranza bulgara a favore della Crescina. Quando si è calvi ci si attacca a ogni speranza, a ogni miracolo promesso. Quando si è in recessione, in crisi, ci si attacca a ogni speranza, a ogni miracolo promesso.
Siamo passati perciò da un regime, il berlusconismo, che sulla calvizie proponeva il volontarismo del trapianto – con tutti gli annessi, la bandana, il rossore nascosto dalla cipria, la polverina – lasciandoti intendere che pure tu ce la puoi fare e magari, come per la dentiera, prometterti uno stato che se ne sarebbe presa cura, con un debito pubblico che sarebbe schizzato alle stelle, a un regime che propone una “molecola innovativa”, cioè qualcosa di tecnico, che però è una bufala.
D’altra parte, i socialisti europei – che almeno sinora sembravano credere anche loro alla Crescina e semmai si differenziavano nel dosaggio della frizione magica – cominciano a avere qualche sospetto. Anche loro parlano di crescita, anche loro si rivolgono ai calvi. Non ci dicono però, i socialisti europei, quale altra ricetta miracolosa abbiano in serbo; dopo avere per più di un decennio osannato le virtù del mercato [della Crescina] non è facile riproporre un modello statalista [una parrucca?] di intervento. Così, sembra che la via dovrebbe essere una migliore governance europea – invece dell’intergovernativo ci vorrebbe proprio un super-stato – e un ruolo attivo della Bce. Che è poi in verità quello che sta già accadendo, almeno per la Bce, quanto al super-stato passa per la Germania. La ciliegina dovrebbe essere la Tobin tax. Insomma, niente di molto lontano dalle ricette di Tremonti, che anzi si era spinto più in là, nella sua virata contro il mercatismo, parlando di Eurobond.
La crescita di sicuro non passa attraverso il rifinanziamento delle banche, che serve per ora a un’economia tossica, sempre ‘a rota, tra l’acquisto di titoli di stato e il deprezzamento delle riserve e la nuova liquidità coatta e il nuovo acquisto di titoli di stato. Solo qualche rivolo finisce fuori da questo circuito impazzito, autoreferenziale, coatto. ‘A rota, appunto. Lo spread cala [momentaneamente in Italia peraltro, ora nel mirino c’è il Portogallo] dopo l’intervento della Bce, e calerà sempre più – proprio come il “titolo” della roba nei passaggi di mano, incapace di dare la scossa, il flash – ma l’economia va in totale stagnazione.
Se aspettiamo che qualche Istituto superiore di sanità dichiari fasulla la crescita di Monti e la sua molecola innovativa, ci metteremo secoli. Il consenso accademico è quasi tutto spostato sulle sue posizioni – con lievi differenze; da noi il keynesismo, o comunque un intervento sulla domanda aggregata, è morto da decenni. Siamo tutti liberali. E, certo, ci vuole coraggio e invenzione per riproporre la domanda aggregata, cioè investimenti e lavoro e nuove produzioni, su scala europea. E se non accade, tanto vale tornare al governo di una propria moneta. Non si riesce a capire come si possa parlare di crescita dell’area europea se non abbandonando il “rigore” di bilancio.
I socialisti europei – furbi di tre cotte – sembrano dirsi che approvato il rigore, fatto fare agli altri, adesso arrivano i nostri.
Certo, però, a guardare la foto di Parigi, tra Hollande, seriamente spelacchiato, e Fabius, con la testa lucida come una palla di biliardo, e Schultz, leader tedesco ora presidente del parlamento europeo, che i capelli pensi non ne abbia avuto neanche da ragazzino, e Bersani, uno che i capelli proprio non sa da un pezzo dove stiano di casa, c’è da riflettere seriamente sulla congruità della proposta socialista.
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