Nella virtuosa Germania si protesta contro Merkel, in Italia tutto tace.

In Germania, a maggio, ci sono state diverse manifestazioni contro il governo e le misure imposte per l’epidemia – a Berlino, Monaco, Stoccarda, Francoforte, alcune con poche persone, altre da riempire piazze e spazi. Eppure, la Germania ha reagito bene fin dall’inizio all’epidemia: vuoi per un sistema sanitario che aveva “accumulato” terapie intensive – i pensionati-elettori tedeschi sono disposti a accettare tagli su tutto, ma non sulla sanità – e vuoi per un buon coordinamento tra governo centrale e Lander. Nonostante, ha protestato una galassia “stramba”, fatta di No-vax, quelli che il 5G porta il virus, quelli che è Bill Gates per i suoi vaccini, quelli complottisti, quelli neonazisti – ce n’è uno, un cuoco vegano, che dice che la Merkel mette il bromuro negli acquedotti, così i tedeschi se ne stanno buoni.
Da noi non c’è mai stato bisogno di bromuro negli acquedotti, che invece l’acquiescenza verso lo stato e il governo è sempre stata totale. A parte runner, biker, spritzer e movida (tutti nominativamente non in italiano) e Agamben – che pure lui, poco italiano ci fa. La nostra “stramberia” ha questi soggetti qua.
Gli italiani – su cui nessuno al mondo avrebbe scommesso un centesimo che si sarebbero acconciati alle rigorose misure del confinamento – da Gressoney a Pachino sono stati i più disciplinati che c’è, certo, con qualche sbavatura (e ora, scalpitando). Non solo, ma hanno introiettato, hanno fatta propria con animosità questa disciplina – tra inni cantati, bandiere esposte, applausi ai balconi, l’osservanza dell’officio delle comunicazioni quotidiane di governo e Protezione civile alle 18, che snocciolava numeri come litanie a una messa, e via dicendo. Amen.
D’altronde, siamo – come annotava Gramsci (non sembri sproporzionata la citazione) e prima di lui Vincenzo Cuoco – il popolo della “rivoluzione passiva”, e possiamo benissimo essere il popolo della “restaurazione passiva”. Eppure, mi si dice, se tutto va bene madama la marchesa, perché protestare? C0s’è, una questione di principio, di pregiudizio?
Ecco, forse è su questo “tutto va bene” – che bisogna provare a capirsi.
Fin dall’inizio delle misure governative, un soggetto economico-politico non ha mai smesso di protestare, e cioè la Confindustria, prima nelle forme più mediate di Boccia, e poi nelle forme più aggressive di Bonomi. Certo, non è scesa in piazza, ma la Confindustria non ha bisogno di scendere in piazza. Non sempre quello che voleva Confindustria si è concretizzato in specifiche misure, in decreti, anche se ha rosicchiato ora di qua e ora di là – ma Confindustria non si è mai zittita. Perché Confindustria non si è mai zittita – pur se fra tutti i soggetti sociali è quello che è riuscito a portare a casa più vantaggi? Perché Confindustria ha capito che la partita non era solo “non morire” nell’epidemia, ma anche “tenersi pronta” per il dopo-epidemia, quando tutto sarebbe tornato “normale”. Ha espresso fino in fondo, cioè, la sua soggettività politica: non esiste “ripresa” (e i flussi finanziari che la sorreggeranno) che non passi da noi.
In realtà, altri due soggetti sociali-economici hanno protestato, uno “essenziale” e l’altro “voluttuario”. Mi riferisco alla protesta dei braccianti a Foggia insieme Aboubakar Soumahoro, che chiedono più regolarizzazioni e migliori condizioni di lavoro; e alla protesta a Palermo di commercianti e parrucchieri che a decine hanno invaso viale della Libertà. L’una e l’altra si sono provate a guardare anche al “dopo-epidemia”, e alle condizioni in cui probabilmente si troveranno – oltre che additare la relativa inconsistenza delle misure governative. Al momento, l’eco di queste proteste è abbastanza prossimo allo zero decibel.
Per il resto, niente. No-vax, cuochi vegani e complottisti del 5G ci sono anche da noi, ma sono rimaste figure da social – e non sono mai riusciti a “politicizzare” la loro stramberia.
D’altra parte, la destra – Salvini e Meloni – ha spesso ondeggiato, dando impressione di confusione tra richieste di misure più restrittive di quelle del governo e misure più allentate di quelle del governo, scavalcati però spesso da governatori e sindaci, che sono stati i veri interlocutori politico-istituzionali dei cittadini, in una “sospensione” della politica di fazione che trovava la sua primordiale ragione nel “diritto alla vita”.
Una sospensione – questa – che ha visto insieme buona parte della “patria intera” e sorretta da alcuni elementi vitali (bio-politici?): 1) la casa di proprietà (almeno il 75 percento percento degli italiani – tre italiani su quattro – e con una superficie media di 100 metri quadri); 2) un discreto risparmio accumulato (tra i 16 e i 20mila euro pro-capite); 3) lo stipendio assicurato – ci sono circa tre milioni e mezzo di dipendenti della pubblica amministrazione, con uno stipendio lordo medio di 36.324 euro.
Questo è lo “zoccolo duro” di chi non ha subito alcun contraccolpo economico – a parte i naturali fastidi del confinamento, ma il 24 percento delle vendite su Amazon è cresciuto (in Usa del 45 percento) e Deliveroo Italy dichiarava per la consegna cibo a domicilio a aprile una crescita del 40 percento – e che con più pathos si è identificato nelle iniziative del governo. Con altrettanto pathos si è concentrato contro gli “untori” – i runner, i biker, gli spritzer e per ultimi quelli della movida.
A questo quadro “benestante” va aggiunto:
4) i pensionati, che sono 16 milioni, ovvero il 26,5 percento della popolazione, con un importo medio di 1.410 euro; 5) i percettori del reddito di cittadinanza, che sono oltre un milione per un importo medio di 532 euro.
Ovviamente, stiamo parlando di “medie” – ma le medie servono a quello, a dare un quadro generale. A questo quadro generale va ancora aggiunto che il 40-45 percento della forza-lavoro delle aziende non si è mai fermato (i lavori “essenziali”) e che tra casse integrazioni, bonus-famiglie, sospensione Iva e 400 euro di qua e 600 euro di là (spesso annunciati, ma lentamente in arrivo), bonus baby-sitter, si è provveduto a diverse “toppe”.
Ora, i pensionati iscritti allo SPI-Cgil sono quasi tre milioni; quelli iscritti alla FNP-Cisl sono un milione e settecentomila, e quelli iscritti alla UILP sono più di seicentomila – parliamo perciò di oltre cinque milioni di iscritti “attivi” su un totale di sedici milioni di pensionati. Non è difficile immaginare che questa platea di pensionati, al di là della pensione percepita, abbiano visto nel governo e nelle sue misure una “protezione”. In cambio del loro sostegno: non si registra alcuna iniziativa sindacale contro il governo. Mai.
E anche: i percettori di Reddito di Cittadinanza sono al Sud 644mila sul totale di poco più di un milione – forse vale la pena ricordare che, a esempio, in Calabria alle elezioni del marzo 2018 i Cinquestelle presero il voto di un elettore su due. Anche qui – non è difficile immaginare che da quest’altra platea sia venuto un sostegno anche silente all’azione di governo, un bisogno di “protezione” e una speranza che il proprio reddito venisse semmai incrementato – ma, intanto, grazieaddio e ai Cinquestelle, che c’era.
Insomma, tra governo e “nazione” – è difficile non vedere un processo di immedesimazione nelle misure da adottare e nelle tempistiche. Questo governo è la fotografia della “struttura” di questo paese. Ma si può dire anche: questo governo ha gestito l’epidemia basandosi sul “patrimonio personale” dei cittadini.
Rimangono fuori: precari, poveri, lavoretti, servizi, lavoro a nero, badanti, schiavi della gleba – e rimangono fuori negozianti e quelle che una volta si chiamavano “libere professioni”. Uno “strambo” popolo che il lockdown ha momentaneamente distrutto, ma che evidentemente non ha voce.
Il coronavirus, in un certo senso, ha messo a nudo l’anatomia di questa nazione.

Nicotera, 25 maggio 2020.
pubblicato su “il dubbio”, quotidiano del 28 maggio 2020.

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