non lo dico a cuor leggero e non c’è alcuna soddisfazione. è talmente sciocco l’entusiasmo per la morte conclamata della sinistra in sicilia che libererebbe ora spazio per una “vera alternativa” che non vale la pensa spenderci tempo. quando dico “la sinistra” penso a quella sua “idea” e a quella sua storia radicate nell’isola, e non alle sue rappresentazioni partitiche e istituzionali dell’oggi. che queste ne escano a pezzi dal voto regionale è evidente. e non mi sorprende per nulla che emanuele macaluso, da cui mi divide un’intera biografia politica ma che è persona che ho più di un motivo per rispettare, intervistato dal «corriere della sera» sul risultato delle elezioni siciliane abbia detto: «è chiaro che si tratta di una sconfitta clamorosa… prima la sinistra aveva un rapporto diretto con le masse, affrontava i problemi concreti delle persone, conduceva battaglie sociali e culturali, combatteva la mafia. adesso tutto questo è completamente sparito».
il più veloce a capirlo è stato silvio berlusconi, che si è intestato il successo di avere fermato i cinquestelle. una volta doveva fermare il comunismo, ora si appella agli italiani per fermare il “ribellismo inconcludente”. berlusconi perciò non ha solo vinto le elezioni siciliane ma ha imposto il nuovo “paradigma politico” nel tripolarismo nazionale, rovesciando e politicizzando a proprio vantaggio quel meccanismo del ballottaggio alle amministrative che ha fatto vincere i cinquestelle contro il pd ovunque. e di maio (dando per buone le motivazioni del rifiuto al duello in tv con renzi) sembra anche lui avere accettato questo paradigma. contro berlusconi, i cinquestelle sperano di risucchiare vent’anni di vieto antiberlusconismo di sinistra. così come contro i cinquestelle e l’ipotesi che davvero possano andare al governo, berlusconi spera di risucchiare l’anima moderata e politicista di elettori pd (in sicilia è successo, eccome). così, la sinistra è oggi solo serbatoio elettorale per gli altri due schieramenti in competizione.
ma a ciascuno il suo mestiere, e il mio non è quello di capire (e non ne sarei capace, certo) perché la sinistra istituzionale stia messa malissimo. per alcuni, l’idea di sinistra resisterebbe in quella leggera increspatura (un deputato all’ars) della lista radicale di fava e in quel mare di astensionismo. obietto: lo sfilacciamento e la consunzione dell’idea di sinistra (le battaglie per la giustizia sociale, la difesa e l’organizzazione dei più deboli) non hanno risparmiato anche chi si colloca “più a sinistra” che non gode di migliore reputazione o è considerato irrilevante; e poi, è tutto da dimostrare – da organizzare, da costruire – che nell’astensionismo popolare sia radicata un’idea disattesa (certo, c’è anche) di giustizia sociale.
l’isola è diventata di destra? lo è sempre stata? via, non dite volgarità. eppure, queste non somigliano per nulla alle elezioni politiche del 2001, quando forza italia fece cappotto conquistando tutti e 61 collegi, quando cioè il berlusconismo rampante si faceva “corpo sociale”. la “pancia” del paese – perché mai la sicilia, che rivendica la sua “specialità”, dovrebbe essere diversa? – s’è ormai spostata a destra, e si tratta solo di sfumature? chi finora è stato in grado di intercettare la protesta e la rabbia verso il ceto politico, che è il dato più macroscopico e ravvicinato della sensazione comune di ingiustizia, considerato responsabile dei mali sociali, magari non per averlo organizzato ma di sicuro per non essere stato in grado di opporsi, è il movimento cinquestelle. sono tra i più feroci critici del movimento cinquestelle (anche se li ho votati alle elezioni politiche del 2013) e quindi mi posso risparmiare – anche perché in buona parte le condivido – tutte le analisi sul populismo, sulla democrazia finta eccetera eccetera. dopodiche, mi dico che quel che importa da capire non è la loro fragile, virtuale, inconsistente e incompetente capacità e attività politica, ma quelle dinamiche sociali che “investono” su di loro. dove c’è un vuoto – un’idea di opporsi all’ingiustizia – qualcun altro riempie il pieno. è un’illusione, certo, e potrà rivelarsi un’atroce beffa. ma questo mi pare accada.
che non ci sia un’idea di sinistra in sicilia a me suona drammatico. e certo non può essermi di sollievo sapere, conoscere centinaia di uomini e donne che resistono, si battono, continuano a organizzare lotte, tengono la schiena diritta. ma dal “senso comune sociale” e dalla cultura, un’idea di profondo cambiamento, di progetto di trasformazione, di solidarietà umana, di un’adoprarsi concreto e spendersi quotidianamente, di capacità di radicare pensieri nel sentire sociale e di imporre leggi, sembra tramontata. e questa “idea” di certo non abita nei cuori dei cinquestelle.
e allora, lo dico alle mie amiche e ai miei amici di “sinistra”: o ricostruiamo una cultura politica di sinistra – abbiamo un rapporto diretto con le masse, affrontiamo i problemi concreti delle persone, conduciamo battaglie sociali – o si è marginali, residuali, testamentari. e propongo qui per non sembrare evangelico e vago un terreno di lotta comune: il reddito garantito. posso sbagliarmi, certo – e non sarebbe la prima volta – ma a me sembra un terreno, da articolare anche riguardo ai “diritti primari” in bonus per la casa, l’assistenza, gli asili e la scuola, in occasioni di “lavoro sociale”, che intercetta oggi bisogni essenziali di larghi strati popolari. di quelli che votano, e di quelli che non votano più da tempo.
8 novembre 2017.