«I have decided to convene a Euro Summit Monday. Time to discuss the situation of Greece at highest political level». Con questo tweet, Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha informato della convocazione di un incontro per lunedì, per mettere intorno un tavolo i capi di governo. L’ennesimo meeting dell’Eurogruppo – che riunisce i ministri dell’Economia e delle finanze degli Stati membri che adottano l’Euro – non aveva concluso nulla. Tusk ha spiazzato tutti, a cominciare proprio dal presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Dijsselbloem. Si rincorrono voci di “ristrutturazione del debito”, e Dijsselbloem ha subito negato, poi si è un po’ ammorbidito, mentre la Lagarde, per il Fondo monetario, ha escluso decisamente: «Si tratta solo se siamo rimborsati». È la solita solfa.
«Time to discuss the situation of Greece at highest political level». La questione della Grecia, finalmente, si sposta su un piano politico europeo. La questione della Grecia, finalmente, viene affrontata a livello politico da tutti i capi di governo europei. Basta incontri “bilaterali” tra il ministro delle Finanze tedesco, Schäuble, e la Merkel con Tsipras e Varoufakis, basta troika, basta Fondo monetario, basta Juncker e Commissione, con i loro “piani di salvataggio” che sembrano fatti apposta per allargare ancora di più le falle della nave che imbarca acqua.
È quello che ha sempre pensato e detto Tsipras. Salvare la Grecia è una decisione politica. Affondare la Grecia è una decisione politica. Schäuble ha detto che l’uscita della Grecia non è oggi più un problema? Schäuble ha detto che se Tsipras indice un referendum e i greci decidono di lasciare l’Europa non è un problema? Bene, vogliamo sentirlo dire dalla Merkel. Bene, vogliamo sentirlo dire da Hollande, da Rajoy, primo ministro spagnolo, da Mark Rutte, primo ministro olandese, da Charles Michel, primo ministro belga, da Renzi, e compagnia cantando. Vogliamo sentirlo dire dall’Europa che non vogliono politicamente più tenere dentro la Grecia.
I tecnici dovevano trovare un accordo, dovevano limare, dovevano cercare i punti di convergenza. Era questo che dovevano fare i ministri delle Finanze e tutti gli sherpa. Varoufakis ha presentato un piano, poi un altro, poi un altro. Non andavano mai bene. Lo hanno messo in discussione, gli altri ministri delle Finanze, che era troppo arrogante, che era troppo disinvolto, che era troppo arruffone. Che forse era meglio cambiarlo, trovarne uno con cui si potesse ragionare, che Varoufakis faceva “tirate politiche” e non portava mai i numeri precisi. Non portava mai i numeri che volevano loro, questo era. Gli incontri si concludevano con un nulla di fatto, poi Tsipras chiamava la Merkel – i leader politici si parlavano – e si provava a presentare un nuovo piano. Ora questo “livello politico” si sposta su un piano generale, su un piano europeo. L’Europa parla di politica parlando della Grecia. Non presenta carte e scartoffie, non prospetta tagli delle pensioni, riduzione dei salari e rimborsi immediati delle tranche di debito. Qui o si fa l’Europa o si muore.
I mercati stanno scommettendo, e da mo’, su un’uscita della Grecia. Come una profezia che si autoavvera, i risparmi – i capitali sono volati via da un bel pezzo – vengono ritirati: niente scene di panico alla Northern Rock, banca inglese, quando la crisi che veniva dai mutui americani e dal crollo della Lehman Brothers soffiò sulla Manica e i clienti si misero tutti in fila a ritirare i depositi. Crac. No, in Grecia usano il bancomat – e d’altronde i risparmi si sono assottigliati da mo’. In quattro giorni tre miliardi di euro. Li metteranno sotto i materassi, scaveranno buche sotto il Partenone, li metteranno in bottiglie di vetro e li caleranno nel mar Egeo, chissà. Alla Banca centrale greca hanno visto dimezzarsi il livello dei depositi: erano 250 all’inizio della crisi, sono la metà. Il capo della Banca centrale greca ha chiesto alla Bce almeno tre miliardi di liquidità, che servono per rifornire le banche di urgenza. Draghi – che tiene la testa sulle spalle e sta gestendo la situazione con rigore e apertura – ne ha messo a disposizione uno e otto. Più in là non si spinge, che sennò chi li sente i tedeschi. Ma ne ha messa di liquidità sul mercato, per aiutare i greci, eccome. Lui, la sua parte “tecnica” da europeista convinto l’ha fatta fino in fondo. Poi, devono decidere i primi ministri, se continuare a dare ossigeno o staccare la spina.
Qualcuno aveva “suggerito” di impedire il ritiro dei depositi, che poi si chiama “controllo dei capitali”. Lo hanno già fatto a Cipro. Crac. Non è che sia poi sto gran suggerimento. Se volete creare il panico, ditelo. C’è sempre chi ci guadagna con il panico, c’è sempre chi ci scommette.
Sarà un pensiero malizioso, ma il fatto che Tsipras sia volato a Mosca e abbia stretto con Putin un accordo per il passaggio dell’oleodotto di Gazprom, e soprattutto per avere un sostanzioso anticipo rispetto le royalties future – insomma per garantirsi un po’ di agibilità immediata e non trovarsi stritolato da rimborsi e banche vuote –, forse ha un pochino a che fare con l’urgenza improvvisa della politica europea di mettersi a discutere sul serio della Grecia e non lasciarlo fare agli sherpa della finanza, ai “signori dei numeri”. Tispras ha un po’ calcato la mano. L’ombelico del mondo non è l’Europa, ha detto. Il mondo si sposta verso oriente, ha detto. Che è pure una cosa strana, perché la Russia appartiene fino in fondo alla storia dell’Europa, mica stiamo parlando del Tajikistan. Oh, è Mosca, mica Samarcanda. Però, magari era quello che voleva, ha fatto irritare i politici, quelli che bisogna continuare con le sanzioni contro la Russia e isolare Putin. Certo, se volevano allargare la Nato e mettergli i missili sotto il naso in Ucraina, ritrovarseli invece con la stella rossa sul Peloponneso, e puntati contro Parigi, non dev’essere un gran risultato.
Obama è da mo’ che sta provando a convincere gli europei che bisogna far di tutto per tenersi la Grecia dentro. Certe volte, sembra che sia quasi pronto a stamparli lui, un po’ di dollari, e mandarli al Fondo monetario o alla Bce, a saldo dei debiti greci. Magari non lo fa perché ha letto la Repubblica di Platone quando studiava alla Harvard Law School o perché Michelle va matta per la moussaka. Lo fa perché non è proprio un’idea geniale avvicinare troppo i greci ai russi.
Comunque, lunedì si parla di Grecia in Europa. At highest political level. Finalmente. E questa è una buona notizia. Magari, se ci prendono la mano, potrebbero discutere di come aiutare l’immigrazione, di Libia, di Ucraina, beh, di tutto il resto. Dell’Europa politica, insomma, no?
Nicotera, 19 giugno 2015