Mafia Capitale, giudici scrittori e intercettazioni incomprensibili

«A voler innestare metafora su metafora, mafia capitale è una sorta di fiume carsico, che origina nella terra di mezzo, luogo nel quale costruisce la sua ragion d’essere e dal quale trae la sua forza, che emerge in larghi tratti del mondo di sopra, inquinandolo, per poi reimmergersi».
La prosa è sciolta e intrigante, e viene dritta dritta dall’ordinanza della procura di Roma sul “Mondo di mezzo”, ormai urbi et orbi nota come “Mafia Capitale”, quella degli arresti e degli avvisi di garanzia che ha sconquassato il mondo della politica romana e non solo. Utilizza quello che è stato definito il “manifesto programmatico” di Carminati e soci (ormai lo sanno pure i sassi: «c’è un mondo di sopra e un mondo di sotto eccetera eccetera») per raccontarne lo spirito, l’anima. La narrazione di fatti criminosi ha sempre un oscuro fascino che agisce sui nostri lati nascosti. E in genere, invece, la narrazione giudiziaria – quella che riporta i fatti, le azioni, i reati, le fattispecie, la giurisprudenza in merito – ha una sua prosa verbosa e tecnica, per addetti ai lavori (altri giudici, i giornalisti di giudiziaria).
Stavolta, invece, ci troviamo di fronte a una narrazione giudiziaria “immaginifica”, diciamo così. Suggestiva. Qualcuno – l’ex magistrato Giancarlo De Cataldo, che ha costruito le sue fortune con Romanzo criminale? Oppure, il magistrato “in sonno”, già sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia a Bari, ora senatore Pd, Gianrico Carofiglio? – potrebbe svolgerla già come un romanzo, qualcuno potrebbe già opzionarne i diritti per un film, e uno spin off di sceneggiato televisivo. C’è insomma un travaso, un mondo di mezzo, tra narrazione romanzesca che nasce dai fatti e narrazione giudiziaria che ricostruisce i fatti.
Prendiamo le intercettazioni, che sono un aspetto sostanziale dell’ordinanza. Ne faccio un esempio (pagina 892 e segg.).
«Riccardo: sì ma però, lui a me mi pare de avè capito… che questo già solo che…no [cambiano discorso per qualche secondo]
Massimo: acchiappalla, ammazza bona sta …inc..
Riccardo: bel bucio de culo.. [riprendono il discorso]
Riccardo: che gli dico Ma’? vede che jè dico..
Massimo: “senti ma ho saputo”
Riccardo: jè faccio la battuta gua..».
Ci capite qualcosa voi tra cambio del discorso e ripresa del discorso, virgolettato messo nelle trascrizioni, inc. che sta per “incomprensibile”? Vi faccio un altro esempio?
«Massimo: “allora mettiamoci a … inc…. fermare il gioco… perché dopo ci mettiamo d’accordo con quelli che ti rompono … inc”… Perché qui a noi ci chiamano sempre… dopo, compa’! … io me so’ imparato… inc… [perdita di segnale per una frazione di secondo] capito?
Riccardo: ma dimmi un po’? tipo?
Massimo: je devi dì… “senti, che stai facendo? … che stai facendo qualcosa? no perché io ho sentito voci… che qualcuno te vo’ vonno ruba’ tu daglieli 4 sordi… inc.”
Riccardo: bella, gliela faccio così…
Massimo: “ho sentito cose che… c’è gente… inc… perché”.
Riccardo: …inc… sta facendo adesso… perché gli hanno dato una cosa per fa novanta, me pare, appartamenti a Monteverde
Massimo: a Monteverde è buono…
Riccardo: e non hai capito, oh!
Massimo: però… però adesso compa’… le costruzioni..
Riccardo: lascia… perde’… però magari a Mà… pero’ gli facc…»
Sono brani di conversazione tra il “capo dei capi” Massimo Carminati e il suo “braccio destro” Riccardo Brugia. E, anche qui, tra perdita di segnale per frazioni di secondo (?) e inc (incomprensibile) e parole smozzicate e puntini sospensivi, si capisce niente.
Il lavoro degli inquirenti è stato davvero improbo, perciò. Hanno dovuto “ricostruire” tutto quello che mancava nelle intercettazioni tra perdite di segnali e incomprensibilità e gergalità e chiacchiericcio del parlarsi addosso come al cortile dell’aria o al baretto di quartiere. Certo, non tutte le trascrizioni sono così. Però, questa aleatorietà della parola, questa vaghezza e vacuità della chiacchiera non è secondaria nella costruzione della cornice della fattispecie di reato dell’associazione di tipo mafioso.
Vediamo cosa si dice nell’ordinanza a proposito della finalità propria dell’associazione criminale, cioè acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici. «Si ribadisce che non è necessario, ai fini dell’integrazione del tipo legale, che tale finalità sia perseguita attraverso la commissione di specifici reati, essendo sufficiente l’utilizzazione di ciò che si è definito metodo mafioso» (pag. 64).
Forse vale la pena ripeterlo: l’ordinanza dice che non è necessario che ci siano specifici reati. Magari succede che non siano capaci di ritrovarli, sti specifici reati, tra inc e perdita del discorso per frazioni di secondo. Basterebbe il “metodo mafioso”. La vaghezza della chiacchiera diventa la “minaccia incombente”.
Scrive l’ordinanza (pag. 34 e segg.): «intercettazione ambientale, avente come protagonista Carminati, capo indiscusso di Mafia Capitale, a seguito della pubblicazione di un articolo sul settimanale “L’Espresso”, dal titolo “I quattro Re di Roma”… Conversazione nella quale Carminati si mostra per un verso gratificato da tale riconoscimento mentre per altro verso ne coglie le opportunità criminali, rappresentando ai suoi interlocutori la non necessità, per il conseguente effetto mediatico, dell’uso di forme di violenza diretta.
Riccardo: l’ha letto l’Espresso, Maurizio?
Massimo: inc.. ma questo.. sul lavoro … sul lavoro nostro… sono pure… cose buone».
Carminati, cioè, utilizzava la narrazione del settimanale “L’Espresso” per riempire di qualcosa la vaghezza. E questo avrebbe rafforzato l’esercizio del “metodo mafioso”. Ora, il metodo che usano i mafiosi – oltre a ammazzare propriamente, scioglierti nell’acido o farti saltare in aria – è alludere all’esercizio di una violenza terribile perché storicamente nei territori controllati dalle organizzazioni criminali una violenza terribile è stata applicata contro chiunque si sia opposto. La loro stessa presenza, o l’invio di un loro emissario fa capire a chi ci incappa che può accadergli di tutto, a lui e alla sua famiglia fino alla settima generazione. Perché la mafia è stata, è e sarà. Ovunque. Non hai riparo. Ora, con tutto il rispetto, qualcuno può accostare questo “Mondo di mezzo” romano – dove accade che gli imprenditori contattati si trasformino in solerti collaboratori perché c’è da magnà pe’ tutti, e i politici e gli amministratori fanno a rubamazzette con i “criminali” – con l’orribile violenza che ha insanguinato e continua a insanguinare il nostro paese? Ma di che inc. stiamo parlando?

Nicotera, 6 dicembre 2014

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