Ci sono tre modi per rapinare una banca. Il primo, che sembra il più fesso, è entrare dalla porta principale, dirigerti verso uno sportello, puntare il tuo ferro in faccia a un’impiegata e intimarle di consegnarti subito quello che ha in cassa. Lei sarà terrorizzata, non gliene frega un fico secco di difendere i soldi e molto probabilmente eseguirà alla lettera quello che tu le stai dicendo di fare. Dopo di che, prendi i soldi, torni sui tuoi passi e te ne vai. Hai due minuti di tempo, più o meno, prima che arrivino la polizia, i carabinieri e tutti quei ficcanaso che non sanno cosa fare durante il giorno e non gli pare vero di mettersi attorno un nastro a strisce bianche e rosse, di quelli che delimitano l’area di un crimine. Insomma, può andarti bene. E può funzionare anche con un temperino o solo un biglietto minaccioso. Se non hai una Glock di ceramica calibro 9, che passa tutti i metal detector, o non sei in grado di fabbricarti da solo una pistola con la stampante 3D, con un colpo solo in canna. Insomma, se sei uno sfigato. Solo che porti a casa pochi spiccioli. E per quanto ti sia travisato, tempo altri due o tre colpi e ti stanno addosso.
Il secondo modo è prendere la banca con tutti quelli che ci stanno dentro. Ci vuole un’organizzazione quasi militare e perfettamente oleata. Devi tenere per un periodo di tempo degli ostaggi, fra i quali ci può sempre essere uno che vuole fare l’eroe, e fa scattare il casino. O ci può essere qualcuno dei tuoi che non regge la tensione e comincia a fare il matto. Arrivano la polizia e i carabinieri, circondano la banca e sei fottuto. Se invece va bene – e tante volte va bene – il bottino però, è sostanzioso. Se hai previsto una buona linea di fuga, marameo.
Il terzo modo è assaltare un furgone portavalori. Che funziona più di una banca, perché va in giro e raccoglie soldi o porta soldi. Tanti soldi. Assaltare un furgone è un problema, perché ormai sono come dei carri armati in miniatura, con le pareti blindate e le gomme speciali e da dentro ci sono le feritoie da cui le guardie possono difendersi e sparare. Però, c’è sempre un momento in cui anche il piccolo carro armato è indifeso. E è quando le guardie devono scendere per prendere o portare i soldi. Possono essere pochissimi minuti, ma lì è il tuo momento. Lì sono allo scoperto. Se hai messo in conto che può scoppiare un conflitto a fuoco e devi essere pronto all’evenienza. Qualcosa di simile devono aver pensato quelli che ieri hanno assaltato un furgone portavalori nel centro di Pagani, Salerno. A corso Padovano, che sta proprio nel cuore della città. Pieno di negozi, di uffici, di automobili e di gente.
Pagani è una cittadina di circa trentacinquemila abitanti nel territorio della Valle del Sarno che prende il nome di Agro nocerino. Dista 15 chilometri da Salerno e 32 da Napoli. Oggi è un nodo essenziale per la distribuzione commerciale delle produzioni agricole; c’è il mercato ortofrutticolo che è crocevia del commercio dell’ortofrutta non solo della regione ma di tutto il Meridione. Insomma, ne devono girare di soldi. E, come tutti i bravi meridionali, i soldi si mettono alla Posta. È all’ufficio postale che era diretto il furgone portavalori. E lì vicino c’è pure una filiale del Banco di Napoli, chissà se doveva passare pure di là. E è proprio in quel punto – nel centro della cittadina – che è scattato l’assalto.
Quell’ufficio postale deve essere iellato. Nel 2008 tre rapinatori provarono a svuotarlo. Fermi tutti, è una rapina. Solo che dentro c’era il tenente dei carabinieri Marco Pittoni. Che fece quello che doveva fare. Intimò ai banditi di arrendersi. E quelli fecero fuoco, uccidendolo. Magari quelli di ieri non lo sapevano. O magari non gliene importava. Si sentivano più furbi. E poi, loro mica sarebbero entrati nell’ufficio. Sennonché qualcosa è andato storto.
È successo pure ieri l’altro dall’altro capo dell’Italia, sulla A1, sulla carreggiata sud all’altezza di Borghetto Lodigiano, Lodi. Avevano dato alle fiamme alcune auto e aspettavano un furgone. Avevano pure sparso dei chiodi per terra, in modo da bucargli le ruote e costringerlo a fermarsi. Solo che i furgoni erano due. Il primo ha preso i chiodi, ha sbandato e s’è fermato. L’altro invece è riuscito a passare, e era quello con i soldi, tanti soldi, cinque milioni di soldi. Erano le 6 e 30 del mattino, e passavano tanti automobilisti. Questo, non li ha fermati. Hanno iniziato a sparare con armi da guerra. Dovevano essere otto o nove a entrare in azione. Un gruppo paramilitare. Solo che non sono riusciti a fermare il furgone. Che se ne è andato via con i soldi.
A Pagani è successo pure il finimondo. I banditi si sono messi a sparare. Le guardie si sono messe a sparare. In mezzo alla gente, che era fuori per negozi, per versare i soldi alla Posta, per comprare qualcosa, per prendere un caffè. Ci sono tre feriti, due donne e un uomo, un trentottenne figlio di un gioielliere della strada. Colpito in faccia. Adesso sembra fuori pericolo, come anche le due donne. I proiettili dovevano sibilare come zanzare, come quando Pagani era campagna e si facevano le bottiglie di pomodoro. Chi è stato svelto si è buttato per terra, dietro le automobili. Se vedi le foto degli agenti della Scientifica che setaccia la zona in cerca di reperti, li vedi che cercano proiettili arrampicandosi sulle scale, in alto, sulle insegne dei negozi, vicino le finestre delle case.
L’assalto era fallito. E a quel punto la cosa migliore era andare via il prima possibile. Sgommare a tutta velocità verso l’autostrada, che è vicina. Hanno trovato un’auto in fiamme vicino lo svincolo. Devono avere fatto il cambio di macchina, come avevano già previsto, e poi dato alle fiamme il veicolo usato per assaltare il furgone, per cancellare ogni traccia.
Questo era il piano. Solo che stavolta sono rimasti a bocca asciutta.
Nicotera, 28 novembre 2014