Calabria: preti a lezioni di ‘ndrangheta

«L’hotel dispone di 60 camere elegantemente arredate e dotate di tutti i comfort: due letti del tipo king size; aria climatizzata; frigobar; tv satellitare; doccia idromassaggio; telefono con selezione diretta. Presso le nostre sale ristorante, cucina tradizionale e internazionale, preparata dai nostri esperti chef, utilizzando esclusivamente prodotti freschissimi locali e di altissima qualità. Proponiamo ai nostri ospiti una cucina raffinata e un menù sempre rinnovato e originale». Recitano così le pagine del sito web del Palahotel Villanoce di Decollatura. È qui che si è tenuta ieri l’altro la Conferenza episcopale calabrese, insomma la riunione dei vescovi della Calabria. Per carità, immagino che il fatto che «tutto è stato progettato per trarre dallo spazio la migliore sensazione visiva, in stile moderno con evidenti accenti di eleganza, ambienti ricercati indirizzati al massimo comfort» – sempre parole tratte dal dépliant dell’hotel – aiuti l’elevazione dello spirito e la profondità dei pensieri, e poi, certo, ognuno è libero di riunirsi dove gli pare e piace. Solo che sembra leggermente stridere con quello spirito di sobrietà che viene dalle parole e dai gesti di papa Francesco. A papa Francesco, quando è venuto in Calabria gliel’hanno dati “due letti del tipo king size”?
Comunque, è al Palahotel Villanoce che i vescovi calabresi hanno deciso, sotto la presidenza di monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, che da ora in poi nei loro studentati, nei loro seminari, la ndrangheta sarà oggetto di riflessione teologica. Hanno parlato anche d’altro, i vescovi riuniti, di «annosi problemi della nostra regione». Dovrebbero stilare un documento, entro la fine dell’anno. Vedremo che diranno. In ogni caso è sulla ndrangheta che si è focalizzata l’attenzione dell’incontro. «Spazio rilevante – riferisce un comunicato – i vescovi hanno dedicato alla discussione sullo schema presentato da Giovanni Mazzillo, direttore dell’Istituto teologico calabro San Pio X, sull’organizzazione dell’insegnamento sul rapporto Chiesa-ndrangheta». Tutta l’attenzione mediatica sulla storia degli inchini, le processioni vietate e le polemiche e le lacerazioni che ne sono venute hanno lasciato un segno, dopo la visita di papa Francesco e la sua durissima “scomunica” contro la ndrangheta. La gerarchia ecclesiale calabrese si è trovata nell’occhio del ciclone e con prudenza e accortezza ha deciso di conformarsi. Ne è prova, a esempio, sempre da parte della Conferenza episcopale riunitasi a luglio di inviare, per agosto, a tutte le parrocchie un questionario con domande su feste e processioni, comitati e consuetudini, e da tutte le valutazioni e risposte se ne trarrà una prima bozza, e anche una seconda, e, se Dio vorrà, si arriverà a un documento finale per il Corpus Domini del 2016. Fino a allora, tutto è sospeso. Prudenza e accortezza.
Saremmo però curiosi di leggere lo schema sull’organizzazione dell’insegnamento presentato da don Mazzillo, il direttore dell’Istituto Teologico Calabro San Pio X. Ci saranno materie tipo: Lo sguardo e l’attesa. Genesi e sviluppo dell’iconografia ndranghetista in Calabria? Oppure: I santi nella liturgia e nell’iconografia ndranghetista? O ancora: Ermeneutica ndranghetista? E: Diritto canonico, i beni e le sanzioni? Se mi è consentito, suggerisco di rivolgersi al dottor Gratteri – che ultimamente ha fatto non poche intemerate sulla chiesa e i suoi rapporti con la ndrangheta – e al suo socio, il signor Nicaso, insieme autori di Acqua santissima, che magari sarebbero dispostissimi a insegnare ai giovani seminaristi. Prudenza e accortezza.
In un suo precedente Contributo teologico per una lettura della situazione pastorale del popolo di Dio in Calabria, don Giovanni Mazzillo, aveva detto: «Il popolo di Dio che è in Calabria in parte ancora si ferma ad ascoltare gli ordini di altri signori. Ci riferiamo ai signori della ndrangheta. Ma ci riferiamo anche alle altre signorie o baronie, da quelle civili a quelle talora sacrali di personaggi intoccabili. Tra “il Signore Dio e gli altri signori” in molti casi sembra che non si compia una scelta netta e decisa. Una scelta irreversibile. A noi tutti il Maestro proclama anche: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24)».
Ecco, su questo ci metto la mano sul fuoco anch’io. Soprattutto non si può servire sempre e solo Mammona. Che forse, il problema spirituale – non saprei dire se pure teologico – della Calabria, delle sue “classi dirigenti” come anche di quelle popolari è proprio questo, dare troppo retta a Mammona.
E nessuno ne è esente.

Nicotera, 8 ottobre 2014

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