Poliziotti della Val di Susa, scioperate

Nei giorni in cui ad Atene scoppiava la rivolta e piazza Syntagma era cinta d’assedio mentre Papademos e il parlamento greco accettavano gli obblighi della Unione europea, uno dei principali sindacati della polizia ellenica [copre i due terzi dell’intero corpo], la Poasy, con una lettera resa di pubblico dominio chiese alle autorità competenti di emettere ordini di arresto a carico dei rappresentanti in Grecia della cosiddetta ‘troika’, che accusavano apertamente di voler strangolare il Paese attraverso le misure draconiane imposte al governo di Atene per evitare il default. «Siate avvertiti», vi si legge, «del fatto che, in quanto legittimi delegati della polizia greca, esigiamo siano emessi nei vostri confronti ordini di arresto per una vasta gamma di reati previsti dalle leggi vigenti, in armonia con il nostro Codice Penale». I tre emissari sono accusati tra l’altro di «estorsione, istigazione occulta all’eliminazione o alla riduzione delle politiche democratiche e della sovranità nazionali, interferenza indebita in procedure legali fondamentali». Nel testo si precisa che la richiesta è stata decisa nell’ambito di un consiglio generale allargato del sindacato, e che essa riflette lo stato d’animo delle forze dell’ordine rispetto alle pressioni internazionali sul loro Paese. Si ammonisce poi che in nessun caso gli iscritti, cioè agenti e ufficiali, si lasceranno manipolare contro il proprio stesso popolo: « … inoltre, a partire da oggi, sarà consolidato l’assoluto rifiuto nonché la pratica rinuncia a ritrovarsi davanti a genitori, fratelli, figli e ad ogni cittadino di questo paese, manifestante, che pretenderà il cambiamento di rotta da parte dei loro politici … è nostra volontà esporre categoricamente che non accetteremo più di scannarci a vicenda, con i nostri fratelli compatrioti».
E questo nel fuoco di una battaglia che non ha risparmiato colpi.
Ora, noi non sappiamo quanto prende il comandante delle forze di polizia greca, l’equivalente, insomma, del dottor Manganelli, che si porta a casa proprio un bello stipendio. Certo, ci sembra che la forbice tra i poliziotti che fronteggiano i manifestanti e le gerarchie che stanno al calduccio – come d’altronde per tutti i salari – si va sempre più ampliando.
Per quanti straordinari facciano e per quanti emolumenti da situazioni a rischio possano prendere non si riesce a capire tanto accanimento se non nel «comando» che dall’alto viene verso il basso con allusive promozioni, passaggi di carriera, favori negli spostamenti. E che esige piena corrispondenza, proprio quell’accanimento.
In prima linea, però, ci stanno quelli che prendono 1300 euro al mese.
Non vi siete stancati?
Che aspettate a scioperare? Non vedete come giocano con le vostre vite? Non vedete come vi trattano da automi per il macello sociale?
Siete uomini o no? È nella trincea dello scontro che si capiscono le cose.
Io non credo – per quanto possa prevalere lo spirito di corpo, la caserma, quel battere i manganelli sugli scudi – che possiate essere contenti di voi stessi.
Il vostro coraggio non si misura contro i manifestanti, ma nell’esprimere la vostra coscienza.
Siete giovani, siete informati delle cose, non spegnete le vostre idee.
Fermatevi, posate i manganelli e gli scudi, toglietevi le maschere, tirate in aria i vostri candelotti.
Rifiutatevi di massacrare gente che si batte per la propria terra.
È anche la vostra terra, è anche la vostra democrazia.

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