
Centoquarantaseiesimo giorno.
La guerra s’è impantanata. “Stabilized”, dicono gli ucraini – i russi non avanzano, gli ucraini non riconquistano. I russi bombardano senza tregua ogni città, gli ucraini provano a far fuori le loro postazioni. È diventata una guerra di mezzi. Di armi. Certo, se noi disarmassimo gli ucraini – perché questa è l’opposizione pacifista all’invio di armi: togliere il fucile dalla loro spalla – i russi avrebbero mano libera. Non mi pare un’opzione contemplata dagli ucraini – e il recente “rimpasto” ai vertici dell’intelligence ucraina lascia intendere che non c’è alcuno spazio di resa per la trattativa. È vero che la storia italiana è inzeppata di “pugnalate alle spalle” di questo o quel vicino o alleato – magari c’è un limite di decenza, ecco.
Rimane sullo sfondo la tragedia dei bambini, in questa guerra. Neanche l’Unicef riesce a avere numeri precisi sui bambini sfollati e profughi, ma sono cifre spaventose, anche al ribasso. Ancora più spaventoso è il numero di bambini ucraini “avviati” verso la Russia: si parla di qualcosa tra cento e duecentomila. Ma Zelensky è un fanfarone e un comico e un propagandista velenoso, perciò la cifra dev’essere di sicuro gonfiata, per colpirci. Anche se a me non sembra qui se ne sia particolarmente colpiti, per la verità.
Fossero pure solo cento o mille – a me sembra un numero tremendo. L’unica “storia” di eguale violenza che ricordo è quella delle adozioni dei bambini di desaparecidos da parte dei militari torturatori argentini – a volte nelle stesse celle di torture dove stavano donne, compagne in gravidanza.
E mi sembra tremenda questa “operazione speciale” di russificazione – come se bisognasse decontaminarli, questi bambini dalla loro “ucraitudine”. Denazificarli in tenera età – se si potesse, in fasce. D’altronde, in fondo sono una stessa faccia una stessa razza, no?
Nicotera, 19 luglio 2022.
pubblicato su “il dubbio”, quotidiano del 20 luglio 2022.