Forse fu il fratello Mario, di quindici anni più grande, era nato nel 1910, a istradarlo verso la recitazione, il teatro. Mario, da “attor giovine”, aveva recitato con Andreina Pagnani, Rina Morelli, Paolo Stoppa e Gino Cervi. Insomma, mostri sacri. E poi aveva avuto dei ruoli anche nel cinema, con Visconti, con Zampa. Belle soddisfazioni. Magari fu lui a istradare il fratello più piccolo, quando era tornato dalla guerra – che poi per Guerrino, del 1925, aveva significato prima la lotta partigiana e poi l’internamento in un campo di concentramento nazista al confine con l’Olanda, da cui era stato liberato dopo quindici mesi di reclusione.
Ma bastarono un paio di stagioni a Guerrino, che ora era diventato per il pubblico “Raffaele”, Lele, per decidersi verso il teatro comico. E la radio. Perché aveva una bella voce, calda, familiare – anche Mario aveva una bella voce, e fu uno dei più grandi doppiatori. Così, Raffaele Pisu divenne un attore comico. Misurato, signorile, senza dimenarsi: uno che fai accomodare nel salotto o che fai entrare nel tinello di casa – proprio come la radio – e ti fa sorridere.
Poi, quando arriva la televisione, lui è già lì.
Il successo arriva con L’amico del giaguaro – un terzetto con lui, Gino Bramieri, il gran barzellettiere, e Marisa Del Frate, che per la verità era nata cantante, e aveva vinto pure un Festival di Napoli, una canzone bellissima, Malinconico autunno, ma poi Macario l’aveva notata e l’aveva portata in compagnia e in tournée, e era diventata soubrette, Dapporto, Giustino Durano e, appunto, Bramieri. L’amico del giaguaro era stato un film – con Walter Chiari, Elke Sommer, Mario Carotenuto – e di gran successo, tanto che divenne un modo di dire proverbiale, per indicare qualcuno che dovrebbe stare dalla tua parte, ma invece. Chissà perché il titolo si trasformò in un varietà televisivo, tra il 1961 e il 1964, che conduceva Corrado, con il garbo di sempre, e i tre erano il cuore della trasmissione, con le loro gag, le canzoncine irriverenti, la parodia di vecchi film acconciati.
Per dire della sua capacità multiforme, Pisu nel 1965 partecipa a Italiani brava gente di Giuseppe De Santis, il film drammatico sulla disastrosa “campagna di Russia” dell’esercito italiano nella Seconda guerra mondiale, e interpreta Libero Gabrielli, idraulico romano che dopo la morte dell’amico nello sbando generale prova a tornare a casa per conto proprio ma muore.
E poi arriva Provolino – che fece divertire tanto i bambini degli anni Settanta. La trasmissione era Vengo anch’io, ma poi proseguì su Senza rete o Che domenica amici. Provolino era un pupazzo di gomma e veniva manovrato come un burattino da Pisu, che ci faceva dei dialoghi, con Provolino sempre irrispettoso e malizioso – «Boccaccia mia, statti zitta», era la battuta ricorrente – e lui che cercava di riportare la calma. La voce fuori campo di Provolino era di Oreste Lionello. Ma tutto si tiene: nel film L’amico del giaguaro c’è un personaggio che fa il ventriloquo e, in effetti, in televisione, sembrava quasi che la voce di Provolino fosse quella di Pisu, prestata al pupazzo di gomma. Provolino divenne un fenomeno di merchandising straordinario per quegli anni – la Bialetti lo offriva in regalo comprando una moka – e poi si trasformò in un fumetto che attraversò gli anni Settanta.
Poi, per Pisu l’attività televisiva si fa più rada fino a quando non rientra in campo con Striscia la notizia e Ezio Greggio – è il 1990 e ormai Berlusconi ha un impero. Perché non anche Provolino a libro paga?
Dietro l’aspetto bonario – del suo periodo di internamento soleva dire che era stato “ospite di Hitler” – c’era una persona capace di affrontare con serenità situazioni drammatiche: anni fa, gli era stato diagnosticato un male e pochi mesi di vita: andò ai Caraibi e poi non c’era nulla, e ricordava che tutti i suoi dottori erano morti, ma lui era ancora lì; e infine, poco tempo fa, aveva scoperto che da una breve relazione gli era nato un figlio, che dopo cinquant’anni si era presentato alla sua porta e lui lo aveva accolto, felicemente.
Muore con Pisu un altro pezzo di storia italiana del dopoguerra, quella che ci aveva visto passare dalla tragedia del fascismo al boom economico, alla “scoperta” della televisione come nuovo focolare domestico.
Un mondo ormai finito.
Nicotera, 31 luglio 2019.
pubblicato su “il dubbio”, quotidiano del 1 agosto 2019.