«Tutto il Torino Football Club esprime il commosso cordoglio e la vicinanza ai famigliari di Emiliano Mondonico, mancato oggi all’affetto dei suoi cari e dei suoi tantissimi amici. Ex calciatore granata e poi allenatore del Toro, Mondonico è entrato nella storia della nostra Società e nel cuore di tutti i tifosi, oltre alle specifiche competenze, per il coraggio e per il suo spirito indomito, qualità che lo hanno anche contraddistinto come uomo sino all’ultimo. Il calcio perde un apprezzato professionista, il Toro piange un amico. Ciao Mondo, ci mancherai».
Così, il Torino Football Club saluta Emiliano Mondonico, nato a Rivolta d’Adda, in provincia di Cremona, il 9 marzo del 1947. Mondonico era ricoverato da qualche giorno a Milano, lottava da tempo contro il cancro. Di quella lotta aveva parlato quattro mesi fa, in un’intervista al «Corriere dello Sport»: «Ci sono trenta probabilità su cento che la Bestia ritorni – disse. Ma dopo quattro operazioni, l’asportazione di una massa tumorale di sei chili, di un rene, di un pezzo di colon e di intestino, sei pronto a tutto. E, ogni giorno di più, apprezzi il tempo che ti è dato. Il cancro non è invincibile, il calcio mi dà la forza per continuare a sfidarlo». Era un uomo caparbio il Mondo, con quel suo motto «non è finita finché non è finita» sul rettangolo di gioco e nella vita.
Cresce nella Rivoltana, cominciando sul campetto dell’oratorio, la squadra del suo paese dove il papà aveva una trattoria in riva al fiume, poi approda al professionismo con la Cremonese. Esordio in A con il Torino, poi Monza in B e di nuovo massima serie con l’Atalanta, per arrivare a chiudere la carriera a Cremona, là dov’era cominciata. Era ala destra: piedi buoni, ma messi all’opera solo quando gliene veniva voglia. Una volta, alla Cremonese, si fece espellere per stare fermo un turno e avere la possibilità di andare al concerto dei Rolling Stones al Palalido.
Appesi gli scarpini al chiodo, ha iniziato ad allenare le giovanili della Cremonese. La società grigiorossa gli ha affidato la prima squadra nel corso del campionato di Serie B 1981-1982. Nel 1983-1984 riporta la Cremonese dopo 54 anni in A. Nella stagione 1987-1988 viene ingaggiato dall’Atalanta, in B. Dopo una immediata promozione in massima categoria, guida la formazione bergamasca in un’esaltante esperienza in Coppa delle Coppe, conclusa in semifinale di fronte ai belgi del K.V. Mechelen, altra sorpresa di quell’anno, che poi vinse la competizione contro l’Ajax.
E difatti Mondonico è rimasto sempre nel cuore dei tifosi bergamaschi: «Atalanta in lutto. In momenti come questo si fa sempre tanta fatica a trovare le parole, forse perché non ce ne sono. Se n’è andato un pezzo importante di storia atalantina, ma mai potrà essere dimenticato», scrive l’Atalanta sul proprio sito. Ma sono cinque le promozioni in A centrate da Mondonico, dopo la Cremonese, con l’Atalanta (1987-88 e 1994-95), con il Torino (1998-99) e con la Fiorentina.
Ma Mondonico – che guidò anche Como, Cosenza, Napoli, Albinoleffe e Novara – viene ricordato in particolare per la fedeltà alla maglia granata. Con il Torino – allenò la squadra piemontese tra il 1990-1991 e il 1993-1994 – ha vinto una Coppa Italia e disputato una finale di Coppa Uefa perdendo contro l’Ajax. In semifinale i granata avevano fatto fuori il Real Madrid, che non era quello “galattico” d’adesso ma era pur sempre il Real. Quindi, il decisivo ultimo atto, il doppio confronto con un altro club dal blasone europeo, l’Ajax di Louis Van Gaal. Una finale persa in realtà senza perdere, perché ci furono due pareggi, 0-0 in Olanda, e 2-2 in casa, quindi per la differenza reti, ma entrando comunque nella storia e nell’immaginario collettivo con la celebre scena della sedia agitata in aria per protestare contro l’arbitro per un evidente rigore negato il 13 maggio del 1992, durante la partita giocata allo Stadio Olimpico di Amsterdam.
Per la plateale manifestazione di dissenso Mondonico si vide assegnare una giornata di squalifica. Mai scontata. L’Europa era stata una grande avventura, ma a Emiliano bastava e avanzava il calcio italiano. E un anno dopo alzò la Coppa Italia, al termine della stagione 1992-93, quando il Toro prevalse sulla Roma di Vujadin Boskov per la stessa regola delle reti marcate fuori casa che un anno prima lo aveva penalizzato con l’Ajax: 3-0 per i granata nell’andata di Torino, 5-2 per i giallorossi nel ritorno a Roma. Venticinque anni dopo quella Coppa Italia resta l’ultimo trofeo vinto del Torino.
Un vero cuore Toro. E non a caso a ricordarlo con parole affettuose è l’attuale patron del Torino, Urbano Cairo che racconta: «C’era un bel rapporto con lui, era una persona molto disponibile, positiva, mi ha sempre dato buoni consigli, sono veramente dispiaciuto. Poi lui è sempre rimasto molto vicino al popolo granata. Ho ricevuto dei messaggi da parte di tifosi dispiaciuti che lo ricordavano, in particolare un messaggio mi ha colpito e diceva “Mondonico era una sorta di papà granata”. Rende molto bene l’idea questo messaggio».
Per le misteriose leggi non scritte dello sport e dell’uomo, i granata e il Toro sono da sempre nel cuore di tutti i tifosi e gli sportivi. È innegabile che questo sentimento sia legato alla storia del Grande Torino – quello dei Bacigalupo, Gabetto, Ossola, Loik, Grezar e di quello straordinario e modernissimo giocatore che fu Valentino Mazzola – che in un ciclo di otto anni conquistò cinque scudetti consecutivi e una Coppa Italia e veniva considerata una delle più forti formazioni del mondo. Una sequenza trionfale che si interruppe tragicamente il 4 maggio 1949 alle ore 17,05. Così, ricorda la tragedia il sito ufficiale del Toro: «I giocatori del Torino tornavano a casa da una trasferta a Lisbona per una partita contro il Benfica, concordata tra i due capitani delle squadre. Mazzola e Ferreira si erano conosciuti in occasione della gara tra Italia e Portogallo giocata a Genova. Ferreira chiese a Capitan Valentino di disputare con un’amichevole contro il Torino in occasione del suo addio al calcio. Mazzola si disse d’accordo e l’intesa fu presto raggiunta. L’incontro fu fissato per martedì 3 maggio 1949 ed il Torino ottenne dalla Federazione il permesso di anticipare al 30 aprile la sfida con l’Inter.
La gara contro il Benfica fu una vera amichevole, la formazione granata sconfitta 4-3 con grandi applausi al capitan Ferreira che abbandonava il calcio, in uno stadio gremito da quarantamila persone.
Il giorno seguente, il 4 Maggio, l’intera squadra salì sul trimotore I-Elce per fare ritorno a casa. Il tempo era pessimo con nuvole basse e pioggia battente. Dopo l’ultimo contatto con la stazione radio, forse a causa del maltempo o di un guasto all’altimetro, l’aereo si schiantò contro la Basilica di Superga, avvolta in una fitta nebbia. Erano le 17,05 del 4 maggio 1949.
Nella tragedia di Superga perirono trentuno persone fra atleti, dirigenti, giornalisti e membri dell’equipaggio. Una lunga, ininterrotta processione rese omaggio alle bare allineate a Palazzo Madama e mezzo milione di persone partecipò ai funerali il 6 maggio 1949. L’intera città di Torino si strinse attorno alla squadra, vero simbolo di un’epoca. La stagione 1948/49 fu portata a termine dalla formazione giovanile del Torino, che disputò le restanti quattro gare contro le formazioni giovanili delle altre squadre. Il Torino vinse tutte le rimanenti partite, chiudendo il campionato 1948/49 con 60 punti, cinque di vantaggio sull’Inter, seconda in classifica. Ma fu un trionfo amaro, segnato dall’indelebile ricordo della tragedia.
Il 26 maggio 1949 venne organizzata allo stadio Comunale una partita il cui incasso era destinato ai familiari delle vittime. Contro il grande River Plate si schierò il Torino Simbolo, un gruppo di undici fuoriclasse prestati da tutte le squadre, che indossarono la maglia granata. Per il Toro giocarono Sentimenti IV, Manente, Furiassi, Annovazzi, Giovannini, Achilli, Nyers, Boniperti, Nordhal, Hansen, Ferrari II, Lorenzi, mentre stella degli argentini era Di Stefano. In un Comunale al limite della capienza la partita-spettacolo terminò 2-2».
Scrisse Indro Montanelli: «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta».
Adesso, anche Mondo è andato a raggiungere i giocatori di Superga in trasferta.
Torino, 29 marzo 2018.
pubblicato su “il dubbio”, quotidiano del 29 marzo 2018.