
Eravamo io, Leonardo, Gesualdo e ‘Ndria. Io non so come fossi finito lì a Racalmuto – non me lo ricordo proprio, è passato così tanto tanto tempo: ero poco più che un picciuttazzu. Di certo, vivevo a Palermo, allora. Gesualdo non era ancora Bufalino e ‘Ndria non era ancora Camilleri; solo Leonardo era già Sciascia, ma Sciascia ci era nato Sciascia. A un certo punto – era estate, le cicale frinivano fortissimo, la linea della palma era immobile, e si parlava (loro parlavano, io mutu) del romanzo siciliano che poi significa il romanzo italiano – Leonardo dice: «Che fa, la volete una bella limonata fяesca?» e loro in coro: Nca’ cettu. Io mutu; ero come in apnea. E allora Leonardo: «Maяia, poяta una bella limonata fяesca». A quel punto mi diedi un po’ da fare, aiutando la signora Maria a sbarazzare il tavolino, a mettere a posto la caraffa e i bicchieri. Tutti ce ne versammo un bel bicchiere, e si bevve a grandi sorsi – sembrava asciugasse il calore. «È bbuona, no? Uno s’aяяicяia» – fece Leonardo. E gli altri due in coro: Nca’ cettu. Io mutu; ero come in apnea, solo accennai con la testa. Fu dopo la limonata, mentre tutti e tre i vegliardi (quelli, ci erano nati, vegliardi) si accendevano le sigarette, e quindi pensai di poterlo fare pure io – che ‘Ndria, con quella sua voce impastata e roca, riprendendo il filo del discorso disse: «Minchia, non c’è un romanzu subba i fasci siciliani, vi rendete conto?» Naturalmente ‘Ndria sapeva benissimo che un romanzo sui fasci c’era e sulla frattura che avevano significato nella storia di Sicilia che poi significa la storia d’Italia, e che lo aveva scritto proprio il parente suo alla lontana, Luigi Pirandello. E per un attimo a me sembrò che si stesse materializzando lì tra noi – lo vidi proprio, tutto di bianco vestito, con il suo bastoncino di bambù e si accarezzava il suo pizzetto, così assorto, distante, preso dai suoi fantasmi, disinteressato a noi: forse era avanzata della limonata – avrei dovuto chiedere alla signora Maria: come mi sarei dovuto rivolgere a lui: Maestro, volete della limonata fяesca? Eccellenza? Ma magari ‘Ndria stava solo buttando l’amo. Gesualdo lo guardò a lungo dietro quei suoi spessi occhiali scuri, si sistemò il cappello di paglia e sentenziò: «Facimuccillu fari ‘o carusu». E si voltarono tutti verso di me (no, Pirandello no, se n’era già andato via), perché ‘u carusu potevo essere solo io. Che dici – mi chiese Leonardo – ce la puoi faяe? Nca’ cettu, risposi, finalmente ritornando a galla, ritrovando la parola. E eccomi qua. Ci ho messo un po’, diciamo così, ora sono diventato vegliardo anch’io, e chistu nun è nu яomanzu. Ma ho mantenuto la parola data.
27 maggio 2025.